Mentre il Governo procede a passo spedito verso la realizzazione del collegamento stabile via mare, sulla terraferma viaggiare nelle due regioni è ardua impresa tra linee non elettrificate, lavori in ritardo e tratte chiuse e mai più ripristinate
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Sono scesi in piazza, ieri, per urlare il loro no al Ponte. Associazioni, partiti politici e semplici cittadini uniti da un’idea messa nero su bianco su alcuni dei tanti striscioni che hanno sfilato per le vie di Messina: lo Stretto non si tocca.
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Costoso e troppo impattante sull’ambiente: questo il parere di chi si oppone alla grande opera nell’aria da sempre e tornata alla ribalta dopo l’accelerazione impressa dal ministro Salvini, una volta contrario, ora primo fan e non a caso preso di mira dai cartelli dei manifestanti. Inutile, anche.
Lo stesso Salvini, quando il Governo che voleva il Ponte non era il suo, dichiarava: «Non sono ingegnere, mi preoccupa che non ci siano i treni per raggiungere il Ponte sullo Stretto». Già, i treni. Poche corse, binario unico e linee non elettrificate. La Calabria delle infrastrutture mancate è soprattutto questa. E in Sicilia non va meglio. Ed era ancora l’attuale ministro a ricordarlo al tempo della contrarietà che fu. «Oggi il 90% delle ferrovie in Sicilia è a binario unico e la metà dei treni viaggia a gasolio, quindi non vorrei spendere qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare».
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Insomma, se il collegamento stabile in acqua, nonostante le tante parole spese nel corso dei decenni, non è stato ancora realizzato lo stesso potrebbe dirsi – esagerando ma non troppo – per quelli di terra.
Nel suo ultimo rapporto sullo stato delle ferrovie in Italia, “Pendolaria”, Legambiente traccia un quadro poco confortante della situazione a queste latitudini.
A partire dal numero delle corse dei treni: in Calabria sono solo 333, 506 nella vicina Sicilia a fronte delle 2.173 della Lombardia. E ancora: 99 i nostri treni regionali (tra Trenitalia e Ferrovie della Calabria), 122 (tra Trenitalia e Circumetnea) quelli della Sicilia. Un confronto? La Toscana ne ha 253 e l’Emilia-Romagna 166.
E poi c’è l’età dei treni, che se per la flotta siciliana si ferma a 14,6 anni in Calabria arriva a una media di 21,4 anni. Un dato che accomuna un po’ tutto il Sud, con un’età media di 18,5 anni a fronte degli 11,9 anni del Nord.
Ancora una nota dolente: il binario unico. Che in Calabria riguarda 686 chilometri sui 965 totali di rete ferroviaria, ossia il 69,6%. Mentre la rete non elettrificata conta 477 chilometri, il 49,4% del totale, un dato che dovrebbe cambiare con l’elettrificazione della ferrovia Jonica tra Sibari e Catanzaro Lido e della trasversale Catanzaro Lido-Lamezia Terme Centrale.
Non va molto meglio ai nostri vicini siciliani. I chilometri a binario unico sull’isola sono 1.267 su 1.490, l’85% del totale. Quelli non elettrificati sono 689, il 46,2%.
E mentre da una parte si sogna il ponte sospeso più lungo del mondo, sulle due sponde del braccio di mare tra Scilla e Cariddi di sospeso c’è ben altro. A partire proprio da quegli interventi di elettrificazione sulla rete calabrese, già finanziati prima dell’avvento del Pnrr nel 2018 dalla Regione con fondi Fsc e da allora rimasti fermi al palo. O a qualche pilone.
In Sicilia, la tratta Caltagirone-Gela della linea Catania-Caltagirone è interrotta dal 2011 a causa del crollo di un ponte. I lavori di ripristino, iniziati nel 2022, dovrebbero concludersi entro il 2026. E poi c’è la Palermo-Trapani, chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti nel terreno: fine lavori prevista nel 2025. Sulla linea Messina-Catania lo scorso 23 marzo è stato inaugurato il cantiere sulla tratta Taormina-Fiumefreddo, in ritardo di vent’anni. Gli stessi che pesano sull’anello ferroviario di Palermo: bene che vada, verrà aperto nel 2028.
E torniamo in Calabria. La Gioia Tauro-Cinquefrondi, 32 chilometri, è chiusa dal 2011. Parliamo di un tratto di quelle ferrovie taurensi ormai dismesse e al centro, proprio negli ultimi giorni, di riunioni e incontri per ridefinirne l’utilizzo, con la Regione che vorrebbe farne un percorso ciclopedonale a fini turistici e alcuni sindaci della zona che invece chiedono la riapertura della linea ferroviaria, da far ripartire con una moderna metropolitana di superficie.
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Della linea ionica abbiamo già detto, e parliamo di un territorio che in termini di infrastrutture e trasporti sconta un deficit enorme anche rispetto al resto di una regione che già di per sé ne ha tanti. Una cenerentola ancora in attesa della carrozza, tra ferrovie, strade e un aeroporto, quello di Crotone, che elargisce voli col contagocce e paga anche la poca efficienza dei collegamenti con il resto del territorio.
Ma forse davvero il Ponte farà da traino, come promesso dai suoi più accaniti sostenitori, allo sviluppo complessivo della regione. O forse no?