Tutti gli articoli di Attualità
PHOTO
Qualcuno l’ha definita una sentenza storica. Sicuramente quella inflitta a Francesco e Luca Bonanata, Giuseppe Liparoto e Nicholas Fusaro è una pena esemplare. Un anno e quattro mesi di reclusione per avere, nelle campagne di Sangineto, seviziato, impiccato e finito a bastonate un cane, ribattezzato Angelo dalle associazioni animaliste.
Stabilito un principio cardine nell’amministrazione della giustizia: la crudeltà sugli animali si paga e si paga con il carcere. Gli imputati non erano presenti alla lettura del dispositivo. Sicuramente mai avrebbero pensato che la loro assurda trovata criminale, consumata nel giugno del 2016, gli sarebbe costata così cara.
Danni per migliaia di euro e una vita segnata dall’effetto mediatico scaturito dalla sequenza shock da loro stessi diffusa sui social. Il maldestro tentativo di guadagnarsi una ribalta gli si è ritorto contro, suscitando dapprima l’indignazione dell’opinione pubblica e poi la reazione della società civile, dell’associazionismo, delle istituzioni.
Il comune di Sangineto si è costituito parte civile per tutelare la propria immagine, ma nessuno dimentica il cordone di sicurezza creato nel paese a protezione dei quattro ragazzi quando le telecamere di Nina Palmieri e delle Iene hanno tentato di introdursi nel centro dell’alto Tirreno cosentino. La sentenza è arrivata in tempi relativamente brevi, meno di un anno dal cruento episodio.
L'entità della pena soddisfa le associazioni animaliste, anche se non mancano alcune voci fuori dal coro: «Nonostante i giudici abbiano condannato con il massimo della pena i quattro responsabili del maltrattamento e della feroce uccisione del cane Angelo, appare evidente che per la gravità del reato commesso, in considerazione anche dell'efferatezza e dell'incrudelimento contro un cane indifeso, tutto questo non possa essere punito in modo così blando» scrive il deputato pentastellato Paolo Bernini.
Per l'ex ministro e presidente del Movimento Animalista Michela Vittoria Brambilla «il massimo della pena entro i limiti concessi dalle leggi vigenti, ma anche altri aspetti della vicenda processuale sono apprezzabili. Il fatto era grave ed è stato giudicato come tale, la punizione è inadeguata perché inadeguate sono le leggi. Chi maltratta e uccide gli animali deve andare in carcere».
I quattro imputati non trascorreranno neanche un giorno dietro le sbarre. Il giudice ha subordinato la reclusione ad un periodo di almeno sei mesi da trascorrere in qualità di volontari nello svolgimento di servizi di pubblica utilità per la cura degli animali. Nella convinzione che la dura lezione li condurrà verso una redenzione completa.
Salvatore Bruno