Le fiaccole illuminano la sera di Santo Stefano d’Aspromonte, ma non c'è silenzio. Le voci della comunità si alzano all'unisono, accompagnate dalle note di canzoni che parlano di libertà e di eroi moderni, e da cori di sostegno per il proprio padre spirituale. È un corteo che canta, che rivendica, che non si lascia schiacciare dalla paura. Ogni strofa risuona come una dichiarazione: Santo Stefano non si piega, Santo Stefano reagisce.

Una fiaccolata che è una risposta. Una scia di luci che attraversa il paese, unendo voci e intenti. Qualcuno avrebbe voluto che Don Vincenzo Attisano si trovasse isolato, intimorito, ma invece si ritrova circondato da una comunità che lo abbraccia e lo sostiene. Il tentativo di spegnere una voce ha acceso un coro.

Sono accorsi in tanti, anche dai comuni più distanti della Città Metropolitana. Giovani, anziani, famiglie intere, volti segnati dall’emozione e dalla determinazione. Le fiaccole tremolano, ma le mani che le sorreggono sono ferme. Perché ogni fiamma, ogni voce che canta sotto questo cielo, grida un’unica verità: qui non vince la paura.

L'attacco a don Vincenzo Attisano

Qualcuno voleva spegnere la sua voce. Lo ha fatto nel modo più vile, incendiando l’auto che ogni giorno lo accompagnava nelle sue opere di carità, tra la gente, nei vicoli del paese e delle tante frazioni di Santo Stefano. Un gesto che non lascia spazio a interpretazioni: un’intimidazione chiara, un segnale lanciato per tentare di isolare un prete che da sempre si schiera dalla parte del bene.

Era la notte tra il 2 e il 3 marzo quando il fuoco ha avvolto la vettura di Don Vincenzo Attisano, parcheggiata davanti alla sua abitazione. Le fiamme si sono alzate alte, squarciando il buio e lasciando dietro di sé cenere e paura. Ma se l’obiettivo era il silenzio, il risultato è stato l’esatto opposto. Il rogo ha acceso la coscienza di un’intera comunità, che ha risposto compatta: noi non abbassiamo lo sguardo.

Le prime reazioni sono state di sgomento. «Un fatto grave e inaccettabile» hanno commentato in molti. Le associazioni del territorio, i fedeli, le istituzioni hanno condannato senza esitazioni l’atto intimidatorio. Ma più forte della condanna è stato il desiderio di reagire: da quel momento, Santo Stefano ha deciso di stringersi attorno al suo parroco e di trasformare la paura in un grido collettivo di resistenza.

La risposta della comunità: il messaggio delle associazioni

Il paese non si è limitato a esprimere solidarietà: ha alzato la voce. Le associazioni del territorio si sono schierate senza esitazione al fianco di Don Vincenzo, ribadendo che un atto del genere non può passare inosservato.

Il Centro Antiviolenza Margherita, l’Ordine Civile e Militare Pietas Pelicani Jaques de Molay, la San Camillo Onlus e l’Associazione Culturale San Giorgio al Corso ODV e tante altre hanno diffuso un messaggio unitario: «Santo Stefano è una comunità democratica, che rifiuta ogni forma di violenza. Questo è un atto ignobile, che non appartiene al nostro territorio. La nostra risposta è chiara: andare da soli si va veloci, ma insieme si va lontano».

La fiaccolata è stata organizzata per andare oltre il gesto simbolico, per diventare un atto di resistenza collettiva. La comunità ha scelto di non abbassare la testa, di mostrare che Santo Stefano è più forte delle minacce. Una prova di unità che non si esaurisce in una serata, ma che lascia un segno indelebile nella storia del paese.

Il Sindaco Malara: «Santo Stefano non è solo»

Anche le istituzioni hanno risposto con fermezza. Francesco Malara, sindaco di Santo Stefano d'Aspromonte, ha sottolineato come l’intera cittadinanza abbia reagito con indignazione e determinazione. «Questa manifestazione non avremmo mai voluto organizzarla, ma la partecipazione che vediamo oggi dimostra che il paese non accetta questo genere di intimidazioni – ha dichiarato il Sindaco ai nostri microfoni -. Vedere qui tanti cittadini, associazioni e amministratori giunti anche da lontano è la dimostrazione che Santo Stefano non è solo».

Malara ha poi parlato della necessità di isolare chi commette simili atti. «Nel comunicato in cui abbiamo espresso vicinanza a Don Vincenzo – ha proseguito il primo cittadino - ho parlato di ramo secco da eliminare. È un singolo elemento, non la comunità, che deve essere reciso. Anche il vescovo, l’altro ieri, ha usato l’immagine della potatura: dobbiamo tagliare quei rami secchi che fanno del male, per permettere alla comunità di crescere meglio».

Un concetto, quello della reazione collettiva, ribadito con forza. «Il nostro è un paese presente, vigile, che si stringe attorno al suo sacerdote. Non dobbiamo cedere alla paura, non dobbiamo abbassare la voce. Questo vile attacco – ha concluso Malara - è forse il sintomo di un disagio sociale più ampio, ma la nostra risposta è chiara: uniti siamo più forti».

Don Vincenzo Attisano: «Coltivare il bene che c’è in questa comunità»

Tra gli occhi lucidi e gli abbracci della sua gente, Don Vincenzo Attisano ha trovato parole semplici, cariche di emozione e riconoscenza. «Davanti a me vedo volti amici, persone che hanno fatto chilometri per essere qui. Non ho parole per dire grazie. Questo è un gesto immenso, che mi ha sorpreso oltre ogni aspettativa».

Il parroco non parla di sé, ma della sua comunità: «Siamo molto più di un fatto accaduto. Siamo bellezza, siamo valore, siamo un paese che non si lascia intimidire. Questo affetto non è solo per me, ma per tutti noi. Abbiamo bisogno di coltivare il bene che c’è in questa comunità e di farlo insieme».

Un episodio che avrebbe dovuto farlo sentire solo ha invece rafforzato la sua convinzione: non è solo. Ne è stata prova anche la donazione ricevuta dalla sua stessa parrocchia. «Una sera i giovani sono arrivati sotto casa mia, suonando i clacson. Erano trenta macchine in sfilata. Mi hanno lasciato un’auto da usare finché non riuscirò a sistemare la situazione. L’hanno fatto loro, certo, ma con il supporto di tutta la comunità».

Un monito e una promessa

A fine serata le fiaccole si spengono lentamente, ma il loro bagliore non si dissolve: resta inciso negli occhi di chi c'era, nelle strade che hanno ospitato il corteo, nel cuore di un paese che ha scelto di non avere paura. Ciò che è accaduto non verrà dimenticato, non scivolerà nel silenzio, non sarà un’ombra sul futuro della comunità. È, invece, un punto di partenza.

Perché chi ha tentato di seminare paura ha trovato solo coraggio. Perché chi ha provato a isolare ha visto nascere un’unità ancora più forte. Perché Santo Stefano non arretra, non dimentica e non smette di lottare. La voce del paese è chiara, e la fiaccolata è solo l’inizio. Nessuno potrà mai spegnere questa luce.