L’area portuale roccellese fino allo scorso gennaio ha continuato a gestire numeri da hotspot. Il primo cittadino Zito: «Un Comune come il nostro non può sopportare queste spese»
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La tensostruttura gestita dai volontari della Croce Rossa è ormai vuota da quasi due mesi. Ma dalle parti del porto di Roccella quella che si respira è solo un’aria di calma apparente, perché da domani, giorno indicato dalle autorità in cui cambiano le condizioni del mare, ogni momento potrebbe essere buono per la gestione di una nuova ondata di sbarchi. Il 2022 per la Locride è stato un anno da bollino rosso sul fronte dei soccorsi ai profughi, in fuga da situazioni drammatiche nei loro paesi d’origine e alla ricerca di un futuro possibile. I dati raccontano di poco meno di un centinaio di sbarchi, uno mediamente ogni 100 ore, per un totale di oltre 10mila persone soccorse, a cui si aggiungono i circa 400 naufraghi salvati nei primi giorni del 2023.
L’accoglienza a Roccella
Sebbene non sia riconosciuta come tale, l’area portuale roccellese fino allo scorso gennaio ha continuato a gestire numeri da hotspot. A differenza infatti di quanto accade a Lampedusa, dove la prima accoglienza viene gestita interamente dal Ministero, in quel di Roccella dal momento in cui i profughi mettono piede a terra sono a carico del Comune.
«In un anno a Roccella il Comune ha speso 500mila euro per i soccorsi – ha ricordato il sindaco Vittorio Zito pochi giorni fa nel corso di un incontro pubblico sul tema delle migrazioni a Montecitorio – ma un Comune come il nostro non può sopportare questa spesa. Servono strumenti adeguati per realizzare task force governative. Tutti i migranti che sbarcano a Roccella vanno via verso altri paesi di Europa. A me questo ferisce perché pensano che in Italia non ci sia futuro per i propri figli. Trattenerli significa investire nel nostro futuro». Continua a leggere su Ilreggino.it