È nata nel Cosentino ma da anni vive in Sicilia dove coltiva le sue passioni. Ha fondato Teatro Atlante e dato vita al Festival della poesia
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Lontani dalla terra madre e avvistarne i rilievi in memoria, mistificare il ricordo al vissuto, tenere in serbo in sé la natura dell’origine come avere radici altrove dal corpo, succhiare ancora da quel suolo. Essere altrove ma tenersi in appartenenza, riconoscersi in caratteristiche peculiari non trattabili benché contaminate. Identificarsi.
Preziosa Salatino è figlia di Calabria. Di Paludi in provincia di Cosenza, mille anime in collina a una decina di chilometri da Rossano (la bizantina). Studi classici di Liceo nella città di San Nilo e poi Roma, al Dams, ad alimentare l’incontro col teatro che a Preziosa è comparso sulla strada come predestinazione (un formatore del Teatro dell’Oppresso a scuola, a maturare la convinzione che l’arte della scena potesse essere strumento di cambiamento e trasformazione individuale e sociale).
Evita le accademie per scelta, si forma con gli studi universitari e sul campo, frequentando assiduamente i teatri: sono gli anni romani della direzione artistica del Teatro Argentina di Mario Martone (primi anni duemila), assiste a spettacoli di Dario Fo, De Berardinis, Carmelo Bene, Martone stesso, Pippo del Bono, Pina Bausch. In quegli anni sorge il Teatro India, e partecipa alla residenza prolungata dell’Odin Teatret, esperienza folgorante, ci dice Preziosa. Finisce gli studi a Parigi, dove incontra Augusto Boal fondatore del Teatro dell’Oppresso, approfondisce la materia da farne soggetto della sua tesi di Laurea (con cui vince un premio sul “raccontare una rivoluzione”). È il suo primo libro pubblicato: “Il Teatro dell’Oppresso nei luoghi del disagio, pratiche di liberazione” - Navarro Editore, la pratica di Boal e i suoi allievi sotto la dittatura brasiliana.
Parallelamente agli studi cerca maestri, soprattutto nell’ambito della narrazione, la scrittura la accompagna da sempre: studia con Ascanio Celestini, Marco Baliani, Eugenio Barba e Mimmo Cuticchio per cui approda a Palermo e se ne innamora. Nel giro di una settimana lascia Roma per trasferirsi in Sicilia, dove vive e lavora, d’arte.
Per un anno a bottega di Cuticchio, “per studiarne i segreti”. È il 2005, conosce Emilio Ajovalasit, diventano compagni d’arte e di vita, nasce Teatro Atlante e si provava inizialmente nel salotto di casa, negli spazi dei centri sociali. Si dedicano completamente all’arte e creano uno spazio proprio. Producono spettacoli dai temi sociali spiccati, donne e mafia, immigrazione, salute mentale, ma anche teatro per i bambini, teatro di strada, e Teatro dell’Oppresso di cui Preziosa Salatino intanto diventa operatrice certificata. Teatro Atlante diviene un centro culturale importante, a Palermo, in un periodo di rarità degli spazi cosiddetti “off”, non istituzionali.
Tra le esperienze più significative quella con i detenuti dell’Ucciardone.
La poesia
E la passione per la poesia, parallelamente alla vita di teatro. Una passione fervida. Come tutte le grandi passioni è vissuta con pudore, per via del sentimento di coinvolgimento assoluto, lo straniante accostamento dell’amore.
La poesia mette a nudo, leva le maschere, e Preziosa si decide a fare sentire il suo canto poetico, vincendo il pudore, dopo l’incontro con un giovanissimo poeta Giuseppe Di Vincenzo, allora sedicenne, suo allievo di un laboratorio scolastico. Creano “poesie gratis”: in occasione del 21 marzo, giornata mondiale della poesia, gli allievi e le allieve del Teatro Atlante fuori dall’edificio di sede recitano poesie ai passanti occhi negli occhi. Un rito che va avanti da dieci anni. A Palermo lo aspettano. Con fervore. Da qui l’idea di creare un Festival della Poesia, con l’interesse alla poesia performativa fuori dalle pagine dei libri e diventa corpo, carne, voce, strumento di relazione. Dalla prima edizione del Festival finanziata con i ricavi della pubblicazione poetica “64 Anni” (Preziosa Salatino e Giuseppe di Vincenzo - Antipodes Edizioni 2020) si giungerà quest’anno alla quarta.
Preziosa, oltre a comporne, conosce un centinaio di poesie a memoria che recita nella sua performance “Jukebox delle parole”: si sceglie un tema, si “seleziona” e come con i dischi, comincia il canto, il canto poetico.
Un’altra figlia di Calabria a fare fiori altrove. E trasmettere il gusto di questa terra.