Tre anni fa, per la prima volta, uno studio scientifico identificò la faglia da cui si originò il terremoto che rase al suo Reggio Calabria e Messina il 28 dicembre 1908. Oggi i dati satellitari diffusi dal consorzio Copernicus dell’European Union’s Space programme confermano: W-Fault, così si chiama la faglia, è situata nell’entroterra calabrese ed è ancora attiva.

I dati sono stati discussi all’Università di Catania e arrivano in uno dei momenti più tesi nello scontro sul progetto del Ponte sullo Stretto. Scontri politici, l’annuncio di un nuovo esposto alla Procura europea, pareri sulla “non fattibilità” dell’opera: nel quadro entrano anche le inevitabili valutazione sulla deformazione della faglia mostrate dai satelliti europei. È Giovanni Barreca, del dipartimento di Scienze geologiche e ambientali dell’Università di Catania e autore della ricerca del 2021 a segnalare che «i nuovi dati dovrebbero rivestire notevole importanza in relazione alla progettazione di future infrastrutture nell'area in quanto l'ubicazione in mappa, i tassi di attività tettonica e le dimensioni della faglia rappresentano gli elementi fondamentali per la stima delle azioni sismiche di progetto, come ad esempio l'accelerazione orizzontale attesa al sito in condizioni dinamiche».

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Questi dati – il movimento della faglia, la sua accelerazione e le sue dimensioni – sono indispensabili per la progettazione del Ponte. Il programma Copernicus ha registrato i movimenti orizzontali e verticali del suolo grazie ai radar ad apertura sintetica. «Puntando l’occhio sullo Stretto di Messina – spiega Barreca sul magazine dell'ateneo siciliano –, i dati sul movimento del suolo mostrano chiaramente come il settore calabro compreso tra Cannitello, Villa San Giovanni e Campo Calabro – dove presumibilmente sorgerà il pilone calabro del Ponte – è in sollevamento, mentre quello a sud del torrente Catona (Gallico, Catona) è in abbassamento con tassi di movimento superiori a 1,5 millimetri per anno». Il docente sottolinea poi che «il limite tra la zona in sollevamento e quella in abbassamento è un contrasto di velocità abbastanza netto e con sviluppo rettilineo – un pattern tipicamente associato a strutture tettoniche attive – e delinea perfettamente la struttura riportata nello studio pubblicato dall’Università di Catania, Ingv-Osservatorio etneo e Università di Kiel nel 2021, ovvero il tratto calabro della W-Fault». L’occhio elettronico del satellite conferma l’analisi pubblicata tre anni fa e ne rafforza i risultati: la W-Fault è un elemento chiave per tutta l’area dello Stretto di Messina.

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L’analisi si concentra, dunque, sui movimenti tettonici della faglia nel territorio calabrese. Anche il Comune di Villa San Giovanni ha approntato una relazione geologica in cui si evidenzia la faglia attiva tra due chiese, quella di Pezzo e quella di Cannitello: nell’area sorgerà il pilone sulla sponda calabra. Lo studio si è concentrato sulle faglie esistenti nei luoghi in cui dovrebbero nascere i cantieri del Ponte, non solo tra le due chiese ma anche in un’altra direzione: una seconda fagli arriva fino a Piale e attraverserebbe anche il sito dove dovrebbe sorgere il blocco di ancoraggio, cioè Forte Beleno. Si tratta di un forte murattiano che i villesi considerano un patrimonio della città: il timore è che venga cancellato dalla mega opera.

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Per la società Stretto di Messina non c’è nulla di cui preoccuparsi: «I punti di contatto con il terreno del ponte sullo Stretto di Messina in relazione ai dati raccolti dai satelliti Copernicus, sulla base degli studi geosismotettonici eseguiti, sono stati individuati evitando il posizionamento su faglie attive». Peraltro le affermazioni contenute nello studio sono «note ai progettisti dell’Opera. Nella relazione del progettista del 2024, gli specialisti impegnati nella rivisitazione dei dati disponibili sino ad oggi confermano che non ci sono novità sostanziali a quanto previsto e progettato. Le costruzioni di ponti sospesi in zona sismica avvengono da sempre in ogni parte del mondo in aree con potenziali sismogenetici più rilevanti dello Stretto di Messina: Turchia; Grecia; Giappone; California. Il potenziale sismogenetico dello Stretto di Messina non è in grado di produrre terremoti superiori a 7.1 della scala Richter. In ogni caso il ponte sullo Stretto è progettato per restare in campo elastico anche con magnitudo superiore».