Il portavoce di Europa Verde Bonelli illustra la denuncia nata in Calabria e presentata con Pd e Si: «Cifre enormi per un progetto che suscita perplessità anche negli esperti. La Procura di Roma apra un’inchiesta, ci sono troppi punti oscuri»
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In attesa che partano i lavori del Ponte, la polemica intorno all’opera è già sostenuta. Ne è prova l’esposto che Pd, Verdi e Sinistra Italiana hanno presentato non tanto sull’opera ma sull’attività della Stretto Spa. Una società che era stata posta in liquidazione tempo fa ma che è stata rilanciata attraverso il Decreto Ponte (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 maggio scorso). La legge di conversione del decreto sancisce il ritorno della società Stretto di Messina Spa alla quale partecipano Rfi, Anas, le Regioni Sicilia e Calabria, nonché, in misura non inferiore al 51%, il ministero dell’Economia, che esercita i diritti dell’azionista d’intesa con il ministero delle Infrastrutture, al quale sono attribuite funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza tecnica e operativa.
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L’esposto è il punto finale di una riflessione che è partita proprio dalla Calabria e in particolare dall’iniziativa che il Pd ha tenuto nelle settimane scorse a Villa San Giovanni. Qui Sandro Ruotolo insieme all’ex sindaco di Messina, Renato Accorinti, hanno sottolineato l’esigenza che ci sia la massima trasparenza su tutto l’iter realizzativo dell’opera, a partire dalle attività della Stretto di Messina. Per questo Verdi e Pd avevano chiesto un accesso agli atti per capire i compensi del cda (al cui interno c’è anche l’avvocato Giovanni Francesco Saccomanno, commissario regionale della Lega Calabria), le attività finora svolte e l’evoluzione, se c’è stata, del progetto iniziale. Di fronte al silenzio della società si è deciso di percorrere la strada giudiziaria.
Il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, spiega che l’esposto è stato presentato già dieci giorni fa in Procura: «Insieme al Pd, abbiamo presentato presso la Procura della Repubblica di Roma un esposto comune con il quale chiediamo l’apertura di un’inchiesta relativamente alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. La prima ragione è che il Governo ha deciso, con il Dl Ponte, la caducazione di un contenzioso con il consorzio Eurolink per 700 milioni di euro. Lo Stato aveva già vinto, con sentenza di primo grado, ma, nonostante ciò, il Governo ha deciso di rinunciare a questo contenzioso mentre Eurolink non ha presentato rinunce. Inoltre, siamo stati spinti dalla preoccupante reticenza della Società Ponte sullo Stretto e del Governo a rendere pubblici documenti cruciali per una piena comprensione dell'entità e delle procedure che hanno riguardato il progetto. Documenti essenziali, che riguardano impegni finanziari per lo Stato dell'ordine di 14,6 miliardi di euro, sono stati celati dietro il velo della riservatezza».
«Questo solleva questioni di trasparenza, – ha proseguito l’ecologista, – e, dopo l’incontro, documentato da Report e mai smentito dagli interessati, tra Salvini, Lunardi e Salini, capo della cordata Eurolink, getta ombre su possibili irregolarità nel processo decisionale e nell'assegnazione degli incarichi: dopo 12 anni, il progetto viene ripreso e riassegnato allo stesso consorzio senza una nuova gara. Persino una relazione dell'Anac sottolinea come, con il decreto Ponte, si sia fatto un favore ai privati. Il Def è l'unico documento ufficiale del governo italiano che parla di 14,6 miliardi di euro, mentre la legge di bilancio stanzia 12 miliardi di euro, senza chiarire se questa somma sia sufficiente per realizzare l'opera. È assurdo che cifre così ingenti di denaro pubblico siano destinate a un progetto che suscita dubbi non solo in Italia ma anche tra esperti internazionali, giapponesi in primis, che hanno espresso perplessità sulla fattibilità di ponti a campata unica di 3.300 metri a causa dei rischi associati alla flessione e alla torsione. Questo non fa che aumentare i nostri timori di uno sperpero senza precedenti di risorse che potrebbero essere invece impiegate per migliorare le infrastrutture essenziali nel Sud Italia. Il progetto del Ponte sullo Stretto è, per noi, un esempio clamoroso di cattiva gestione delle risorse pubbliche ma anche un danno enorme al Sud Italia, che vede sottrarsi fondi preziosi per progetti faraonici e dannosi», ha concluso Bonelli.
Il riferimento è, ad esempio, al Fondo sviluppo e coesione: 718 milioni arrivano dalla quota del fondo destinata alle amministrazioni centrali e 1.600 dalla quota destinata alle Regioni Calabria e Sicilia. Il pericolo, dicono quelli del centrosinistra, è che questi fondi, destinati allo sviluppo del Sud, resteranno bloccati per anni con il rischio di non vedere mai realizzata l’opera.
Dalla politica ora si è passati alle carte bollate, vedremo cosa accadrà.