Un progetto vecchio di più di dieci anni che non tiene conto dell’aumento dei prezzi delle materie prime e dei cambiamenti climatici, un presidente (Ciucci) che in Calabria è ricordato più che altro per le numerose inaugurazioni della medesima galleria sul nuovo tracciato dell’autostrada, il responsabile scientifico del progetto travolto dalle polemiche dovute alle sue posizioni negazioniste sul clima: sono i giornalisti di Report a fare le pulci alla nuova accelerazione governativa sull’idea del ponte sullo Stretto. Un’analisi amara quella della redazione di Report che ha riportato in prima serata nazionale tutti i dubbi che circondano la maxi opera su cui si discute più o meno dai tempi dell’unità d’Italia.

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Nella lunga inchiesta dell’ammiraglia Rai dell’informazione, vengono fuori tanti punti controversi legati all’opera. A partire dal serio rischio che i cantieri possano diventare una sorta di luna park del crimine organizzato. «Del ponte se ne discute da sempre anche in ambito criminale – dice il procuratore aggiunto di Reggio Giuseppe Lombardo – e il rischio che il ponte non colleghi due coste ma due cosche c’è e questo non deve avvenire. Gli appetiti ci saranno e non saranno appetiti legati alle singole cosche che controllano il territorio di competenza, ma ad un livello più alto. Un livello in cui le due componenti criminali, quella calabrese e quella siciliana, diventano una cosa unica».

E se il rischio infiltrazioni su lavori di tale portata economica resta purtroppo una costante (al sud come nel resto del Paese) con cui si dovrà fare i conti, Report mette in luce anche la mancanza di risposte da parte del Governo rispetto ai rilievi avanzati in Commissione da Giuseppe Busia, presidente dell’autorità anticorruzione, che ha sottolineato come l’adozione incondizionata e senza una nuova gara del vecchio progetto (realizzato nel 2011 e legato alle specifiche tecniche e finanziarie del tempo) da parte del Consorzio We Built che dovrà costruire il ponte, potrebbe portare all’insorgere di numerosi contenziosi tra il Consorzio stesso e lo Stato. Possibilità tutt’altro che remota visto che, attualmente, risulta che lo stesso Consorzio sia ancora in causa dopo la messa in liquidazione della Stretto di Messina disposta dal Governo Monti nel 2013.

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E poi il rischio geologico, diventato ancora più evidente dopo la scoperta della faglia che nel 1908 provocò il terremoto che rase al suolo Reggio e Messina. Una scoperta effettuata grazie ad uno studio dell’università di Catania del 2021, dieci anni dopo la consegna del progetto del ponte che di quella faglia non poteva avere contezza. «Siamo di fronte ad un grave problema, si tratta di progettare, in una delle aree a più alto rischio sismico del pianeta, la più imponente opera mai progettata – dice ai microfoni di Report il geologo Carlo Tansi -. Siamo in una zona di collisione tra Africa e Europa queste due placche si avvicinano ad una velocità geologicamente importante, circa 7 millimetri l’anno. Nel 1908 la linea di costa di Calabria e Sicilia sprofondò di un metro. Questi terreni sono formati da sabbia e argille che in caso di terremoti tendono a liquefarsi. Questo fenomeno ha generato questo sprofondamento».