Nella bozza della legge di bilancio una ricapitalizzazione di 100 milioni di euro della società Stretto di Messina in liquidazione da 10 anni. Poi una serie di accordi transattivi (e onerosi) dovrebbero disinnescare il contenzioso da 700 milioni con il consorzio Eurolink che avrebbe già dovuto costruire l’opera
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«È una cosa assolutamente seria, non è uno scherzo». Parola di Matteo Salvini, ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, che sul ponte sullo stretto di Messina punta molte delle sue fiches. Il leader della Lega accarezza il sogno di guadagnare l’immortalità, realizzando un’opera di cui si parla da sempre e che da sempre è il sogno di ogni politico di qualsivoglia colore. Per questo nella bozza della legge di bilancio che il Governo presenterà al parlamento c’è un apposito articolo (art. 82) dedicato al “Collegamento stabile, viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente”.
Ma cosa dice quest’articolo? In realtà l’effetto immediato della legge è far uscire dalla liquidazione la Stretto di Messina Spa, la concessionaria incaricata di costruire il Ponte e in liquidazione da quasi dieci anni, da quando il governo Monti ha bloccato la grande opera nel 2012 (nel frattempo qualcuno ha calcolato che sono stati spesi circa 960 milioni in progetti e consulenze). Entro massimo 120 giorni la liquidazione deve terminare e la società tornerà ad avere un Cda facendo decadere il liquidatore (da 9 anni è Vincenzo Fortunato).
Ma come avverrà la fuoriuscita dalla liquidazione? Innanzitutto attraverso un aumento di capitale da parte dei soci. La legge di bilancio prevede che gli azionisti Anas e Rfi verseranno 50 milioni ciascuno per ricapitalizzare la società. Non solo. La legge impone anche, e questo è il passaggio più controverso, alla Stretto di Messina ancora in liquidazione di trovare, entro 90 giorni, un accordo con tutti i soggetti in causa con la società, compreso il “contraente generale”, cioè il consorzio Eurolink, attraverso “atti transattivi di reciproca integrale rinuncia alle azioni e agli atti dei medesimi giudizi (…) nonché alle ulteriori reciproche pretese in futuro azionabili in relazione ai contratti sottoscritti”. Eurolink che era risultato vincitore, nel lontano 2006, dell’appalto per la realizzazione dell’opera.
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La legge prevede poi che l’atto transattivo venga approvato con un decreto del presidente del Consiglio che, una volta entrato in vigore, fa decadere anche la norma con cui il governo Monti decise di bloccare l’opera prevedendo per i costruttori un indennizzo pari alle sole opere già realizzate più un 10% del loro valore (e non dell’intero appalto). In questo modo, viene ipotecata la possibilità per lo Stato di cambiare idea sull’opera senza pagare penali stratosferiche.
Nonostante quindi Salvini abbia parlato di un’operazione a costo zero, a leggere le carte non pare proprio così. Da quello che si sa, infatti, la sola Eurolink ha intentato un contenzioso in cui chiede allo Stato un risarcimento di 700 milioni per non avergli fatto realizzare il ponte. Poco importa che nel 2018 la società abbia perso la causa in primo grado. L’intesa, a questo punto, potrebbe prevedere la rinuncia da parte di Eurolink alla causa da 700 milioni in cambio della promessa di costruire il ponte. Sugli altri contenziosi in essere si procederà invece a colpi di transazione.
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Ma questo apre altri interrogativi. La norma certamente ridarà vita alla Spa che si doveva occupare di realizzare il ponte, ma che progetto verrà eseguito? Quello di Eurolink ad una sola campata o c’è la possibilità di valutare altre ipotesi? Il dubbio è legittimo se si considera che il predecessore di Salvini, Enrico Giovannini, aveva affidato a Rfi 100 milioni di euro per effettuare uno studio di fattibilità tecnico-economica del ponte per decidere se farlo a campata unica o a tre campate, come chiesto da un’apposita commissione ministeriale. Questo studio si farà o si andrà avanti con il vecchio progetto? Tutto questo ancora non è chiaro.
Il punto non è di poco conto perchè l’opera, definita giustamente nella legge di bilancio come “prioritaria e di preminente interesse nazionale” e con il solito understatement da Salvini “simbolo del genio italico”, presenta difficoltà tecniche di non poco conto. A partire dalla presenza di faglie sismiche nello Stretto e anche in considerazione dei forti venti che potrebbero in alcuni periodi dell’anno anche impedire l’attraversamento dell’opera. Insomma si tratta certamente di un’infrastruttura di grande rilevanza tecnica. Proprio per questo da moltissimi anni si è trasformata in una sorta di chimera. La legge di bilancio resuscita la Stretto di Messina Spa. Da qui però alla realizzazione del ponte temiamo che ne correrà.