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Il 3 aprile del 2015 Arturo Bova, attuale Presidente della commissione antindrangheta regionale, viene fatto oggetto di un gesto intimidatorio, vengono incendiate due autovetture di sue proprietà. Il gesto si ripete qualche mese dopo. Intorno all’on. Arturo Bova scatta il cordone di solidarietà del PD.
Al punto che il segretario Ernesto Magorno convoca una direzione regionale per il 12 aprile 2015 direttamente ad Amaroni. Il segretario regionale del Pd accompagna l’annuncio con parole solenni: “Certi gesti non ci fanno paura, insieme al prezioso di Arturo Bova e di tutte le persone quotidianamente impegnate, continueremo a lavorare per avere una Calabria migliore, libera. Continueremo a lavorare per una terra che possa profumare di legalità”.
Anche i GD si mobilitano e sfilano con un corteo di solidarietà il 4 aprile. Tanti gli attestati di condanna dal Gruppo Cooperativo GOEL, Maria Carmela Lanzetta, da Rosanna Scopelliti ai Giovani di Forza Italia, da Sebi Romeo a Giovanni Nucera, da Federica Roccisano a Mario Oliverio, fino alla Federazione degli Studenti Calabria. Una mobilitazione imponente. Un cordone di solidarietà destinato a pochi di questi tempi.
Adesso il fulmine a ciel sereno: dalle carte dell’operazione Jonnhy esce fuori una società riconducibile al boss riconosciuto di Roccelletta di Borgia, e viene fuori che, di questa società, fino al 2012, era socio Arturo Bova, attualmente Presidente della commissione antindrangheta regionale. Una vicenda che mette in serio imbarazzo tutto il PD regionale. La vicenda, seppur priva di rilievo penale, infatti, è abbastanza discutibile sul piano etico.
Arturo Bova ancor prima che consigliere regionale del PD e Sindaco di Amaroni, è un noto avvocato penalista della zona ionica catanzarese, difficile per lui sostenere che non sapesse chi fosse Catarisano. Il Pd dunque, nelle prossime ore sarà alla prese con una patata bollente: mantenere o meno Bova nella sua funzione. A meno che, non sia lo stesso Bova, a togliere le castagne del fuoco ai vertici regionali e nazionali del Pd, offrendo le proprie dimissioni. D'altronde proprio Arturo Bova nella vicenda della Sacal aveva dichiarato con fermezza: "Per quanto mi riguarda, il limite che non può essere mai travalicato nel mondo politico-istituzionale, non è solo quello dell’illecito penale, ma ancor prima, è e deve essere quello del moralmente e dell'eticamente riprovevole." Sarà difficile dunque non far valere questo concetto nella sua vicenda. (m.s.)