Pasticcio all’italiana: il ministero sbaglia a interpretare il bando e confonde i termini della messa a dimora delle piante con la semplice semina. Ma entro dicembre il progetto di riforestazione urbana deve essere completato per non perdere i fondi (ASCOLTA L'AUDIO)
Tutti gli articoli di Attualità
PHOTO
Mille nuovi alberi per ognuno dei 170 ettari individuati su tutto il territorio della provincia: parte da qui il progetto di riforestazione urbana e suburbana finanziato con 8 milioni di euro – con fondi vincolati Pnnr – che vede Reggio tra i territori metropolitani coinvolti.
Un progetto ambizioso che dovrebbe ridare fiato ad alcune zone soggette in passato a deforestazione, ma con tempi di realizzazione molto stretti per rispettare le tabelle di avanzamento fissate dall’Europa. Un progetto su cui sono già arrivati i rilievi della Corte dei Conti e su cui pende come un macigno, a Reggio come nel resto del Paese, l’interpretazione delle regole fissata dal Ministero (e seguita da tutte le città metropolitane) che potrebbe non coincidere con quella dell’Ue, con il rischio di vedersi richiedere indietro i fondi già stanziati.
E poi la difficoltà di trovare le aree adatte su cui intervenire, soprattutto dentro i confini della città dello Stretto (i piani originari prevedevano che ogni area individuata dovesse essere compresa tra i 5 e i 10 ettari, poi ridotti a 3) e i timori sulla reale capacità dei consorzi di bonifica di Alto e Basso Jonio reggino – il consorzio della Piana ha rinunciato dichiarandosi impossibilitato a rispettare le tabelle di marcia – di tenere il passo con i lavori che devono chiudersi entro il prossimo 12 dicembre. Palmi, Bagaladi, Melito, Cardeto, San Giorgio Morgeto, Mammola: sono 13 in tutto le aree individuate dai tecnici reggini.
Alcune, come a Pazzano, destinate a rimboscare un’area grande 30 ettari con piante e arbusti compatibili con la flora del territorio. A queste vanno aggiunte altre due aree (una nel comune di Cittanova, l’altra a Reggio, sulla collina della facoltà di agraria) che erano state finanziate con 900mila euro di fondi nazionali ma che, per disposizione ministeriale, sono scivolati nelle tabelle del Pnnr, complicando di fatto le cose per quanto riguarda il rispetto dei tempi.
Uno dei rilievi dei magistrati contabili che hanno esaminato il primo avanzamento dei lavori hanno sottolineato rispetto alla situazione reggina, riguarda proprio queste ultime due aree su cui, entro il 31 dicembre dello scorso anno, si sarebbero dovute porre a dimora 4800 nuove piante: «Tuttavia – scrive la Corte dei Conti – ad oggi privo di riscontro».
«È stato solo un problema di comunicazione – si difendono dagli uffici amministrativi della città metropolitana – di queste 4800 piante 2500 sono già state messe a dimora a Cittanova, il resto è in corso d’opera e se ne sta occupando l’università di Reggio. Ci avevano chiesto solo un dato indicativo e lo abbiamo di fatto rispettato, ma la storia dei tempi contingentati è arrivata solo quando questi progetti sono stati inclusi nel Pnnr».
Il dilemma della traduzione
I dubbi più grossi sull’intera operazione a livello nazionale (e quindi a cascata anche su Reggio) riguardano però le modalità di interpretazione scelte dal Ministero che, miracoli del linguaggio autarchico, contando sulla traduzione dell’inglese “planting”, ha dato per buona ai fini del cronoprogramma da presentare in Europa anche la semplice piantumazione dei semi di quelli che, nel tempo, dovranno diventare alberi da mettere a dimora.
«La semina in vivaio – annotano i giudici contabili riprendendo un’informativa dei carabinieri – non può essere assimilata alla forestazione urbana e, pertanto, neanche essere oggetto di collaudo ai fini del raggiungimento degli obbiettivi del Pnnr». Un problema comune a tutte le città metropolitane e che grava anche su Reggio: «Noi abbiamo seguito le direttive fissate dal Ministero – dice il delegato all’ambiente della Metrocity di Reggio Salvatore Fuda – posso solo augurarmi che il Governo abbia preso accordi in Europa in questo senso. Ma abbiamo anche fatto un passo in più, non ci siamo limitati a comprare i semi: abbiamo comprato direttamente piante già formate e pronte per essere messe a dimora».
La riforestazione
180mila le piante che la città ha già acquistato da un vivaio privato di Feroleto, nel catanzarese, per una spesa, in media, di meno di due euro a piantina. Poco più di 300mila euro di “materia prima” (divisi per ognuna delle due annualità del progetto) a fronte di un finanziamento che sfiora i 4 milioni di euro ad annualità. Il grosso dei soldi infatti verrà investito per le opere di protezione delle nuove piante, di controllo e monitoraggio e manutenzione per i cinque anni successivi e, soprattutto, per la messa a dimora delle piante nelle zone individuate in provincia.
Secondo l’accordo firmato nei giorni scorsi a provvedere a questa parte del piano saranno il consorzio di bonifica dell’Alto Jonio per la fascia costiera jonica, quello del basso Jonio per la zona centrale e della città e la società in-house della città metropolitana “Castore” per il versante tirrenico della provincia, visto il passo indietro compiuto dal consorzio della Piana di Gioia Tauro che si è dichiarato impossibilitato ad accettare. In totale, i tre enti interessati, dovranno garantire circa cinquanta operai al giorno per sette mesi di attività serrata. Una corsa contro il tempo (e contro le difficoltà operative sbandierate ogni tre per due dai consorzi di bonifica) che inizierà a maggio e che dovrà concludersi entro il prossimo dicembre. Natura permettendo, i cui tempi potrebbero non coincidere con quelli fissati da Bruxelles.