La retorica del riscatto del Sud pervade la conquista del titolo di campione d’Italia da parte della squadra partenopea. Ma è uno stereotipo che serve a confinarci ancora di più nella riserva indiana di un Paese che si appresta a varare l’Autonomia differenziata
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«Vi prego, adesso non dite che lo scudetto è un’occasione di riscatto (…), vi prego, non siate felici della nostra felicità (…). Se volete un consiglio, vi prego, invidiateci. Perché troppo ricchi. Di sole, di mare. Troppo cuore, sapore, calore».
In un post che ormai viaggia verso i 100mila like e le 30mila condivisioni, l’attore napoletano Vincenzo Salemme centra il punto.
Difficile, forse impossibile, non cedere alla retorica quando un evento sportivo travalica i confini del rettangolo di gioco per invadere le esistenze di milioni di persone. Perché il terzo scudetto del Napoli, quello che si è concretizzato nella notte di Udine con un banale 1 a 1, è così carico di significati da non appartenere solo ai tifosi della squadra azzurra. Il rischio, però, è che tutto venga declinato nello stereotipo di Davide che abbatte Golia, del povero che si prende la sua rivincita sulla tracotanza del ricco, pur sapendo che resterà povero e il ricco resterà ricco. Ammantare la vittoria del Napoli, finalmente di nuovo campione d’Italia, con un’aurea di riscatto che ora avvolgerebbe l’intero Mezzogiorno, significa probabilmente accontentarci di poco, di troppo poco.
Pensare che basti cucirsi uno scudo tricolore sul petto per credere che il Meridione si sia preso la sua rivincita definitiva sulla dominanza del Nord può essere un errore fatale. Perché purtroppo oggi la divisione del Paese è forse ancora più evidente di quanto non fosse in passato e la dicotomia nord-sud viene alimentata con nuove e più subdole ragioni.
Nessun campanilismo di facciata proteggerà il Sud dall’Autonomia differenziata, che prosegue il suo iter verso un’approvazione sottratta al dibattito parlamentare e infarcita di pesanti dubbi costituzionali. Nessun trionfo sportivo porterà l’Alta velocita da Napoli a Reggio Calabria, tratta quasi per intero esclusa clamorosamente dal Pnrr nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto vigilare, né impedirà a politici di primo piano, che hanno costruito la loro carriera su una divisiva identità nordista, di venire qui giù a promettere ponti da record mondiale e “strade della vita” senza però una copertura finanziaria certa.
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Il sud Italia ieri non si è riscattato, ha solo mostrato che esiste. Napoli si è affacciata dal web e dagli schermi Tv di mezzo mondo e ha detto: “Guardate qua, guardate di cosa siamo capaci”. Eppure il campionato di calcio non può essere un recinto nel quale comprimere le sacrosante ambizioni di protagonismo di mezzo Paese.
Ma siccome nessuno ci regalerà niente, occorre prendersi ciò che crediamo ci spetti. Così, la Calabria, che può vantare potenzialità straordinarie, deve uscire dalla riserva indiana nella quale si è autoreclusa all’insegna della commiserazione e del vittimismo.
Napoli oggi svetta, e non è solo una questione calcistica. È tra le città italiane con il maggior incremento di presenze turistiche negli ultimi dieci anni, con un 110% in più, e secondo le previsioni, il 2023 dovrebbe far registrare un ulteriore +12%. È una delle piazze culturali più feconde e animate, sede di meeting internazionali e di appuntamenti di caratura mondiale. Il terzo scudetto è solo la ciliegina su una torta che era in forno da almeno un decennio. Il titolo di campione d’Italia oggi non le serve per riscattarsi, lo sta già facendo da tempo. Come la Puglia delle meraviglie e la Basilicata con la magica Matera.
È ora che anche la Calabria punti a vincere il suo scudetto, perché ha gambe, cervello e bellezza per riuscirci. Però bisogna crederci davvero.