Dove c’è Vangelo non possono esservi mafiosi o interessi comunque criminali”. È il monito del presidente della Conferenza episcopale calabra, mons. Vincenzo Bertolone, in merito alla vicenda che ha investito il Cara di Isola Capo Rizzuto divenuto “il bancomat della ‘ndrangheta”.


Le mani delle cosche erano finite sui soldi per i migranti, costretti a digiunare o a mangiare cibo “per maiali”. Succedeva anche questo nel centro di accoglienza. Un affare da 100 milioni di euro di cui almeno 32 sarebbero finiti direttamente nelle tasche della cosca Arena.
A gestire il business dell’accoglienza, per nome e per conto della ‘ndrangheta, Leonardo Sacco, governatore della onlus Misericordia, e il parroco Edoardo Scordio. 

 

“Siamo addolorati per questa vicenda che racconta di una speculazione sulla pelle dei più deboli”, ha soggiunto il presule. “Attendiamo fiduciosi gli approfondimenti della magistratura, alla quale confermiamo stima e massima disponibilità alla collaborazione, ma non abbiamo bisogno di aspettare le sentenze per ribadire quella che già da tempo è la posizione della Chiesa calabrese nei riguardi delle mafie: nessuna possibilità di confusione, ma al contrario netta e radicale antitesi”.


Il vescovo invita poi tutti a prendere come riferimento, padre Pino Puglisi, simbolo di “una diversità netta, palese, incarnata fino al martirio”.  


Un modello di vita e di comportamento pastorale, di cui fra qualche giorno si celebrerà l’anniversario della beatificazione. E  in questi momenti  particolari il suo esempio “sta ad indicare - in particolare ai sacerdoti, anche se non solo a loro - quale debba essere la strada da seguire. La strada della coerenza, dell’umiltà, dell’onestà, della pastorale evangelica. Una strada dalla quale, per quanto ci riguarda, non intendiamo e non vogliamo deviare” ha concluso il presidente della Cec, Vincenzo Bertolone.

 

Rosaria Giovannone