A questo punto è evidente che qualcosa non funziona. Secondo lo studio diffuso da Openpolis sono 171 i Comuni commissariati per mafia in Italia. Ovviamente ad avere il record assoluto sono le mafiose Calabria, Campania e Sicilia. Con la nostra Regione che spadroneggia dall’alto dei suoi 70 municipi commissariati davanti alla Campania con 52 e alla Sicilia con 43.

A seguire, ma con molto distacco, il Piemonte, fermo a 2, e Lazio, Liguria, Lombardia e Puglia a 1.

 

Centosettantuno i comuni commissariati per mafia, 70 quelli calabresi

 

“L’entrata in funzione delle amministrazioni straordinarie a seguito di un commissariamento per mafia riguarda soprattutto il Mezzogiorno – fa sapere Openpolis - anche se la percentuale di consigli comunali sciolti al Nord in aumento. Nel periodo tra il 2001 e il 2009 in Puglia e Campania è stato sciolto un comune su due, a conferma, quindi, che il 97% delle realtà toccate da questo provvedimento riguarda il Sud”.

 

Ed allora, considerando la legge che prevede la possibilità di sciogliere i Comuni per mafia risale al 1991, quindi 25 anni fa, bisogna fare i conti con alcune evidenti anomalie. Se un quarto di secolo non è riuscito a bonificare le amministrazioni meridionali del Mezzogiorno vuol dire che la legge non funziona e non bonifica. Anzi che il commissariamento delle Amministrazioni non fa altro che rendere più deboli le Istituzioni e le stesse realtà meridionali che non riescono a risollevarsi, prive di una classe dirigente, rimangono sempre più ostaggio della criminalità organizzata.

 

Dopo 25 di commissariamenti, inoltre, sarebbe opportuno capire che risultati i commissari hanno riportato in ogni Comune e verificare se lo stesso è stato poi nuovamente sciolto. O che influenza ha avuto ogni commissariamento sull’economia della municipalità interessata.

Anche in termini di provvedimenti per la collettività sarebbe opportuno che i Commissari venissero giudicati, considerato che abbandonano i palazzi Comunali dopo brevi periodi e non danno conto alla cittadinanza di nessuno dei loro provvedimenti. Blindati nelle stanze del potere amministrano spesso come podestà inviati dallo Stato con criteri di tipo ragionieristico che spingono le tasse al massimo e non garantiscono i servizi. Ne abbiamo avuto esempio recente a Reggio Calabria. Con l’ulteriore paradosso che il commissariamento non aveva portato alla luce nulla rispetto alla burocrazia cittadina finita coinvolta in una pesantissima inchiesta giudiziaria subito dopo le nuove elezioni del Consiglio comunale.

 

Insomma ci sarebbe da pensare che la legge non funziona e va cambiata. Del resto lo pensano in molti, anche se nessuno è riuscito ancora a farlo.

Altrimenti, se la legge funziona e rimane in vigore vuol dire che al Sud non c’è nessuna speranza e che Calabria, Campania e Sicilia sono Regioni perdute per sempre che sarebbe meglio far scomparire dalla cartina dell’Italia. Se i commissariamenti sono stati efficaci, se le misure eccezionali contro la ‘ndrangheta, la criminalità e quant’altro sono efficaci, ma non producono risultati è chiaro che la democrazia non fa per il Meridione e le nostre realtà.  Vuol dire che i popoli meridionali hanno nel dna un gene criminale che non può essere debellato e che forse meriterebbe soluzioni più cruente. Se la legge funziona vuol dire che, quantomeno, è inefficace, così come lo sono le associazioni che raccolgono i professionisti dell’antimafia che producono convegni alla camomilla dai ricchi sponsor. Ed anche da questo punto di vista va cambiata, magari rendendola più aspra e dando poteri militari ai commissari e alle Procure. Insomma si ricorra alla soluzione finale contro le comunità meridionali.

E nessuno pensi che istruzione e lavoro possano essere gli unici strumenti per svincolare dal bisogno le popolazioni e mettere in un angolo i mafiosi.