Partiamo dalla fine: il tasso complessivo di mortalità non è aumentato significativamente dopo la campagna vaccinale contro il Covid. La conclusione della lunga ricerca nata all’Unical smonta le teorie no vax ma non le irride. Un approccio nuovo, che tiene conto di quanto una certa narrazione nasca anche da emergenze sociali e da una sfiducia nei confronti delle istituzioni che, spesso, non poggia sul nulla.

Più di un anno di lavoro e di analisi: i ricercatori Graziella Bonanno e Marino De Luca hanno investigato gli effetti del vaccino anti-Covid alla luce delle narrazioni complottiste. Senza irridere quelle teorie: hanno osservato un enorme quantità di dati e pubblicato il loro articolo dopo un lungo processo di revisione sulla rivista Springer.

La narrazione ansiogena sulle morti improvvise

È un lavoro, quello di Bonanno e De Luca, rientrato in Italia con un progetto europeo proprio sulle teorie del complotto. Proprio dallo storytelling ansiogeno sui presunti effetti del vaccino parte l’idea dei due studiosi dell’Università della Calabria: il lavoro, infatti, si inserisce in un framework ormai consolidato sulle teorie del complotto, in particolare quelle legate al Covid.

Nasce, però, come ha spiegato Bonanno in una recente intervista a Radio Uno (il programma è Zapping) «come curiosità personale: negli ultimi anni, infatti, alcune narrazioni hanno sempre più associato i vaccini contro il Covid all’aumento della mortalità, soprattutto rispetto a quello che giornalisticamente è definita come morte improvvisa, creando paura e ansia nella popolazione».

Impossibile calcolare quante prime pagine e notizie web siano state dedicate alle cosiddette morti improvvise: in alcuni periodi, sia durante che dopo la pandemia, “morte improvvisa” era una delle espressioni più cliccate sui motori di ricerca. Un fenomeno ai limiti dell’ossessione.

«Questa tensione sociale – spiega Bonanno – ci ha spinto a cercare di capire di più il perché di questo frame e perché molte testate giornalistiche rilanciassero notizie legate a morti improvvise come collegate agli effetti del vaccino».

Il fenomeno ha attraversato cronache e discussioni, spesso sfociate in scontri molto accesi: «Sia sui social che nelle relazioni reali è nato un sentiment contrastante e polarizzato tra due visioni: chi sostiene che sia sempre successo, e cioè che queste morti ci siano sempre state, e chi invece sostiene che ci sia un aumento della mortalità dovuto al vaccino contro il Covid».

Un nuovo approccio sulle teorie del complotto

I ricercatori hanno costruito un modello che fosse in grado di studiare questa relazione, presunta o vera, tra Covid e aumento di mortalità. Modello che, chiariscono, non ha nulla a che fare con gli studi medici che cercano di verificare gli effetti avversi o benefici legati al vaccino ma ha un’implicazione sociale.

Altra presupposto: «Rispetto alla letteratura precedente, il nostro approccio si discosta da chi considera le teorie del complotto come una fantasia di pochi, di natura paranoide. La nostra prospettiva riconosce, invece, che alcune narrazioni potrebbero celare istanze sociali più grandi e importanti, per esempio legate alla sfiducia nelle istituzioni. Il nostro punto di partenza era anche quello di capire gli effetti di queste narrazioni sulla popolazione».

«Effetti non significativi del vaccino sul tasso di mortalità»

Passando all’analisi, Bonanno evidenzia che «abbiamo utilizzato i dati che Istat rende pubblici, i dati sul numero dei decessi dal 2018 al 2023 per capire se la campagna di vaccinazione che è partita nel 2021 abbia potuto creare un effetto trattamento».

I ricercatori dell’Unical, in sostanza, hanno cercato di capire se ci sia stato uno scalino nella mortalità tra pre-Covid e post-Covid: «Abbiamo confrontato i tassi di mortalità nei comuni italiani prima e dopo la campagna vaccinale focalizzando l’attenzione su singole fasce d’età. Abbiamo lavorato su 10 fasce fino agli ultranovantenni. A livello nazionale troviamo effetti non significativi dal punto di vista statistico del vaccino anti-Covid sul tasso di mortalità. C’è un’eccezione che emerge per la fascia dei 40-49enni, per la quale troviamo che sia per gli uomini che per le donne stimiamo un coefficiente positivo statisticamente significativo. Questo potrebbe significare un aumento della mortalità dovuta al vaccino».

Il risultato ha spinto Bonanno e De Luca a indagare ulteriormente e a condurre la stessa analisi ma a livello regionale: «Per la fascia tra 40 e 49 anni troviamo che il risultato di questo aumento è qualcosa che è definito solo a livello locale, troviamo infatti che solo per poche regioni si verifica questa cosa: nel caso degli uomini solo in Friuli e in Toscana abbiamo un aumento del tasso di mortalità però i coefficienti sono sempre molto molto piccoli». Conclusione: non è vero che c’è stato un aumento della mortalità dopo l’introduzione del vaccino e anche laddove emergano delle variazioni statistiche queste sono molto piccole e non hanno nulla a che vedere con la narrazione complottista che dipinge il vaccino come una sorta di arma di distruzione di massa.

«Nella sanità c’è un’Italia che corre a due velocità»

Lo studio, però, non finisce qui. Anzi, evidenzia un aspetto non trascurabile: «La cosa più interessante è che l’analisi regionale rivela che l’Italia corre a due velocità: se infatti guardiamo ai risultati che abbiamo dagli ultracinquantenni in poi, troviamo un Paese a due velocità: al Nord una riduzione del tasso di mortalità in seguito al vaccino anti-Covid, al Sud un aumento. L’interpretazione è che ci sono due sanità in Italia: i sistemi sanitari regionali hanno gestito il periodo pandemico e post-pandemico in maniera diversa».

«Il complotto non c’è ma le ansie vanno comprese»

Riguardo invece al tema centrale del lavoro, rispetto al livello di allarme che si è scatenano non c’è proporzione: non ci sono state le impennate di mortalità che i social e un pezzo della stampa sembrano suggerire. Nella sostanza si tratta di effetti non significativi.

Eppure l’avversione culturale per i vaccini esiste ed è molto più diffusa e rumorosa rispetto a quella per altri farmaci che hanno effetti avversi ben più pesanti.

«Forse per capirlo servirà un altro lavoro – conclude Bonanno –. Di certo le teorie del complotto rappresentano un modo in cui i cittadini rappresentano sofferenze e insoddisfazioni profonde. Vanno anche rispettate, non serve irriderle. Servono risposte con solidi fondamenti scientifici. Il complotto non c’è ma va affrontato per capire cosa nasconda e da cosa tragga origine».