«Mio figlio è stato umiliato, giudicato, ignorato. Ora vive la scuola con ansia e si fa del male». È un grido di dolore e di denuncia quello che arriva da una madre crotonese, la cui voce rompe il silenzio su una vicenda che tocca nel profondo il mondo della scuola e dei diritti. Suo figlio, un ragazzo di 16 anni con diagnosi di autismo lieve, è al centro di un caso che pone interrogativi seri sull’inclusione scolastica, il rispetto dei percorsi personalizzati e la formazione del personale docente.

In una lunga e toccante lettera inviata alla redazione, la donna racconta il percorso di suo figlio – brillante e appassionato di musica – e il crollo emotivo vissuto negli ultimi mesi a causa, sostiene, di valutazioni inadeguate e atteggiamenti discriminatori da parte della scuola, che avrebbe ignorato il Piano educativo individualizzato (Pei) previsto dalla legge.

Una testimonianza che chiama in causa non solo il sistema scolastico, ma anche le istituzioni, affinché nessuno studente venga lasciato indietro. Ecco, di seguito, le sue parole.

La lettera

“Sono la madre di un ragazzo di 16 anni con diagnosi di autismo lieve, attualmente iscritto al terzo anno. Mio figlio è un ragazzo sensibile, intelligente e con grandi potenzialità, specialmente nel campo musicale, dove ha sempre dimostrato passione e talento. Tuttavia, negli ultimi mesi, sta vivendo un’esperienza scolastica drammatica e ingiusta, che ha avuto conseguenze serie sul suo benessere psicologico.

Fino allo scorso anno, mio figlio seguiva un programma differenziato. In accordo con la famiglia e con il supporto degli specialisti, abbiamo richiesto il passaggio a un programma personalizzato, previsto e tutelato dalla normativa vigente. Si tratta di un diritto: quello di poter ricevere un’istruzione su misura, costruita sulle sue capacità e sulle sue esigenze, con l’obiettivo di conseguire un diploma.

La reazione di parte del corpo docente a questa legittima richiesta è stata non solo inadeguata, ma profondamente lesiva della dignità di mio figlio. Da quando è stato attivato il percorso personalizzato, mio figlio è stato sottoposto a interrogazioni e valutazioni senza alcun rispetto per quanto stabilito nel suo Piano Educativo Individualizzato (PEI). Ha ricevuto voti bassissimi – 3, 4 – anche in materie come educazione fisica, dove è stato trattato con criteri del tutto fuori luogo, come se fosse un ragazzo con disabilità motorie.

Le conseguenze non si sono fatte attendere. Mio figlio ha iniziato a vivere la scuola con grande ansia, sentendosi giudicato, umiliato e messo sotto pressione. Al rientro da scuola ha manifestato comportamenti problematici e, purtroppo, anche episodi di autolesionismo. Questa situazione ci ha costretti a chiedere supporto psicologico: mio figlio sta seguendo sedute con una psicologa per cercare di gestire lo stress e la sofferenza che questa ingiustizia gli sta causando.

Voglio dirlo chiaramente: questo non è solo un errore educativo. È una violazione gravissima dei suoi diritti, e un fallimento totale del sistema scolastico nel suo dovere più importante: tutelare e valorizzare ogni alunno, soprattutto i più fragili.

Ricordo che:

  • La Legge 104/92 garantisce il diritto all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità.ù
  • Il D.Lgs. 66/2017 rafforza questo diritto attraverso l’obbligo di predisporre un PEI che sia rispettato nella progettazione didattica e nella valutazione.
  • La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata con Legge 18/2009, stabilisce che nessuno studente può essere escluso o penalizzato a causa della sua disabilità.
  • Le Linee Guida ministeriali sull’autismo sottolineano l’importanza della formazione del personale scolastico e della progettazione individualizzata.

La scuola ha il dovere legale e morale di rispettare il PEI di mio figlio e di applicare criteri di valutazione coerenti con il suo percorso personalizzato. Valutarlo con le stesse modalità degli altri studenti, ignorando le sue caratteristiche e i suoi diritti, è una forma di discriminazione. E causargli un disagio così profondo da richiedere un supporto psicologico, è un fallimento educativo e umano che non può essere ignorato.

Mio figlio ha diritto a un futuro. Ha diritto a una scuola che non lo faccia sentire sbagliato, inadeguato o invisibile. Questa è una battaglia che non riguarda solo la mia famiglia: riguarda tutte le famiglie che si battono per un’istruzione inclusiva, rispettosa e umana.

E io, come madre, non ho intenzione di arrendermi”.