«Io sono diventato diplomatico per vocazione, mi ha spinto verso questa carriera l’apertura al mondo e la mia fiducia nelle potenzialità della parola». Si presenta così alle telecamere de LaC Gabriele Checchia, già Ambasciatore italiano Nato e Ocse, intervistato dal direttore de LaCapitale Alessandro Russo nel corso della sesta puntata de LaCapitale vis-à-vis. «Sono convinto che alla fine quello che unisce noi esseri umani sia più di quello che ci divide. E che con l’ascolto e con il rispetto dell’altro si possano ottenere risultati apparentemente difficili se non impossibili».

Difficili come le relazioni tra Usa e Cina che, nonostante i timori del mondo, Checchia non ritiene sfoceranno in conflitto «perché c’è il rischio che possa diventare una guerra nucleare e perderebbero tutti». Nonostante le culture antitetiche il fatto «che Biden e Xi Jinping, seppur in via virtuale, si siano recentemente parlati cercando, pur nella diversità enormi delle posizioni, di trovare dei terreni su cui si possa lavorare insieme (ambiente, controllo delle armi di distruzione di massa, Afganistan) induce a pensare che sul pessimismo della ragione alla fine prevarrà l’ottimismo della volontà». E che quindi non si andrà alle armi.

Tornando al presidente americano, “il summit delle democrazie” recentemente invocato da Biden, potrebbe avere «un effetto di chiamata a raccolta di tutti coloro che non vogliono sottoporsi al modello autoritario»e rivelarsi «un segnale di incoraggiamento a paesi come Taiwan che si sentono minacciati da un vicino potente e che hanno bisogno di sapere che il mondo è con loro». In tal senso Checchia menziona anche l’elemento dissuasivo che tale unione potrebbe generare facendo «capire ai regimi autoritari che il mondo ha degli anticorpi». Ed il fatto che Mosca e Pechino abbiano espresso il loro totale disaccordo criticando aspramente il summit «fa pensare che l’iniziativa possa rivelarsi di qualità e un deterrente non secondario in questa direzione».

Il Covid ha introdotto nell’equazione Europa e opinione pubblica un elemento nuovo e importante che è la solidarietà: «C’è una percezione diversa dell’Europa che si è accentuata in meglio con gli importanti stanziamenti messi a disposizione dal Pnrr». All’Europa manca però «l’idea di valori comuni che possano portarci a condividere anche la politica estera e di difesa». Checchia crede ci si possa arrivare con una messa in comune di risorse difensive e di sicurezza, senza«però sacrificare le identità nazionali perché un’Europa costruita a tavolino fallirebbe».

«Avere alla presidenza del Paese un presidente come Mattarella e un primo ministro come Draghi in questo momento emergenziale è un fattore di rassicurazione per noi e per i nostri partner alleati». Secondo Checchia Draghi è riuscito in larghissima misura a proiettare sull’Italia il prestigio di cui gode. 

Riguardo all’ascesa di movimenti no-vax e i rischi per la democrazia, l’ambasciatore conclude: «Questo tipo di movimenti si ripetono ogni volta si ha l’impressione di assistere a momenti apocalittici nella storia dell’umanità. Questi componenti dell’opinione pubblica che sembrano privilegiare l’irrazionale non vanno però demonizzati - ammonisce - ma vanno rispettati perché sono settori del popolo che esprimono percezioni e paure vere. Vanno capiti e contro argomentati ma mai visti come un nemico a prescindere». Checchia invita al dialogo e all’ascolto e, soprattutto, ad evitare demonizzazioni (invito rivolto in parlicolar modo«a certa stampa»). «Il tentativo di capirli va fatto senza rinunciare a quello che ci deriva dalla certezza scientifica e dal rispetto che si deve al bene collettivo che deve prevalere sull’interesse individuale».