VIDEO | La Città dello Stretto ancora in attesa del Peba: il piano che consentirebbe di eliminare le criticità che si presentano nelle strade alle persone con disabilità motorie. «Anche fare un semplice acquisto in un negozio o addirittura in farmacia diventa un’impresa»
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«Il parcheggio selvaggio, che lascia liberi soltanto spazi talmente stretti da impedire il passaggio della carrozzina, l’assenza di pedane e scivoli che rende impossibile compiere qualsiasi atto da soli. Così l’autonomia non può essere conseguita, restando un sogno e una chimera, anche e soprattutto a causa dell’altrui indifferenza e superficialità».
Un gradino può complicare la vita mentre la sua assenza può rivoluzionarla. Un parcheggio in doppia fila oppure sulle strisce pedonali, davanti ai marciapiedi abbassati o ai suoi angoli, nega a chi è in carrozzina l’autonomia nel movimento, imponendo un accompagnamento funzionale alla sola ricerca di un varco, in mezzo alle macchine in transito e a ostacoli di ogni genere. La testimonianza di Gisella Raso, che non ha mai potuto camminare, donna, moglie, madre di due figli e cittadina battagliera, originaria di San Giorgio Morgeto e residente a Reggio Calabria da oltre 40 anni, ci conduce in un mondo in cui la disattenzione, l’incuranza, l’inosservanza di regole basilari di convivenza civile impongono a chi viva la condizione della disabilità ostacoli ulteriori, e spesso insormontabili, rispetto a quelli già rappresentati dalle barriere architettoniche. La sua è una denuncia costruttiva, non un lamento. Rivendica il diritto all'autonomia e una città inclusiva e senza barriere.
Ogni giorno complicato
«Anche fare un semplice acquisto, in un negozio o addirittura in farmacia, diventa un’impresa per la quale c’è bisogno di qualcuno che ti aiuti. Quand’anche vi sia o scivolo per accedere, quello scivolo non è raggiungibile per via dell’assenza di parcheggio riservato in prossimità oppure per l’occupazione senza titolo di quello stesso parcheggio riservato ai disabili. E adesso arriva l'estate con la grande sfida dell'accesso alle spiagge», prosegue Gisella nel racconto delle sue giornate.
Parla di azioni quotidiane, scontate e semplici per tante persone e molto difficile per altre, Gisella, in carrozzina da sempre e molto determinata nel contribuire con le denunce e le sue proposte a conseguire l’accessibilità della città dove vive da tempo. Dunque parla degli esercizi commerciali e anche degli uffici per l’evasione di pratiche burocratiche, evidenziando «le carenze di un sistema telematico ancora inefficiente che molto potrebbe ovviare ai disagi arrecati dall'inaccessibilità diffusa. Anche in presenza di accessi per disabili, lavori in corso e parcheggi selvaggi impediscono di raggiungere gli ingressi degli uffici. Ogni giorno è una scommessa», racconta ancora Gisella.
Si parcheggia con disinvoltura davanti agli scivoli come in prossimità di accessi dedicati, dei quali si impedisce così il raggiungimento in autonomia o la cui fruizione addirittura si preclude. Una città, dunque, è inaccessibile non solo perché il suo Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche (Peba) sia ancora in elaborazione, come accade con notevole ritardo anche nel comune di Reggio Calabria dove il documento è in lavorazione al settore Lavori Pubblici in attesa di arrivare in commissione consiliare Assetto del Territorio, ma anche per via dell’incuranza verso il prossimo e l’inciviltà che la fanno da padrone.
«Basterebbe considerare le persone...»
Disagi che rendono la visione di come tutto dovrebbe essere, e ancora non è, ancora più nitida, per quanto da raggiungere. Necessario uno scatto anche e soprattutto culturale.
«Si tende ancora ad avere un approccio estremamente riduttivo della questione che non riguarda solo una categoria ma riguarda e pregiudica il diritto alla mobilità in una comunità. Se solo si fosse capaci di allargare lo sguardo, estendendolo a persone in carrozzina ma anche anziani e genitori con prole nel passeggino, forse questo favorirebbe quell’apertura necessaria a comprendere che basterebbe considerare le persone, per rispettare con naturalezza anche le regole, di fatto facilitando così la nostra vita di tutti i giorni», spiega ancora Gisella.
Barriere architettoniche e barriere mentali
È tanto la dimensione istituzionale quanto quella comportamentale della cittadinanza a determinare il livello di accessibilità di una città la cui capacità inclusiva si misura dalla qualità della vita e dal livello di praticabilità dei servizi proprio delle persone con difficoltà di deambulazione e disabilità, anziani, madri e padri con passeggini, insomma persone che nel compimento di atti quotidiani, che poi è esercizio del diritto essenziale allo spostamento e all’accesso a uffici, musei, negozi e ogni dove, troppo spesso devono ancora superare ostacoli oppure rinunciare.
Non ci sono, dunque, solo le barriere architettoniche, impedimenti oggettivi come gradini, scale senza scivoli, passerelle e pedane, ma ci sono anche, e forse soprattutto le barriere mentali alimentate da indifferenza e inciviltà.
«Un umano sentire che ci renderebbe migliori»
«Sarebbe bello poter finalmente constatare che, dopo tanti anni, la gente è riuscita a far proprio il disagio che le persone in carrozzina come me subiscono quando, in assenza di una pedana, quel gradino è davvero troppo alto, quando una macchina è parcheggiata sullo scivolo o sulle strisce e a me il passaggio è impedito. Sarebbe una vicinanza nell’umano sentire che ci farebbe crescere e progredire, che renderebbe la nostra vita, già difficile, più agevole e il nostro stato d’animo certamente più sereno», conclude Gisella Raso.