VIDEO | Anche il presidente di Libera ha partecipato al tavolo di confronto tra associazioni e rappresentanti di tutti i partiti di opposizione, che stamattina a Roma ha riunito chi si oppone al ddl del ministro leghista (ASCOLTA L'AUDIO)
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Tutti uniti per dire no all’Autonomia Differenziata, il disegno di legge del leghista Roberto Calderoli in discussione in Parlamento, che darebbe alle Regioni più poteri su materie delicatissime come scuola, trasporti, ricerca ed energia, proprio come avvenuto per la Sanità, diventata competenza regionale nel 2001 con la famosa riforma del Titolo V della Costituzione. Stavolta, però, insieme a competenze e poteri legislativi, le Regioni potrebbero avere anche una parte del gettito fiscale. Cosa significa? Che parte delle tasse dei cittadini resterà alle Regioni e non sarà redistribuita su tutto il territorio nazionale.
«Significa più di 190 miliardi di euro in meno nel bilancio dello Stato solo se consideriamo l’Irpef versata dai cittadini di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna» ha cominciato Giuseppe De Marzo, coordinatore nazionale della Rete dei Numeri Pari, che ha promosso l’incontro che si è tenuto questa mattina a Roma, alla Camera dei Deputati, insieme a Libera e ai Comitati per il ritiro di ogni Autonomia Differenziata.
Ad “Una e indivisibile: Autonomia differenziata, un attacco all’unità della Repubblica e all’uguaglianza dei diritti”, primo incontro di un tavolo di confronto permanente tra associazioni e politica, ha partecipato anche don Luigi Ciotti, presidente di Libera, che oltre al pericolo di lasciare indietro il Mezzogiorno, da sempre parte debole del Paese, ha parlato di un aspetto su cui pochi si sono focalizzati. Chi vince nella battaglia dell’autonomia, se non è certo il Sud ma non sarà probabilmente nemmeno il Nord, che sarà parte di una Italia indebolita sui tavoli di negoziazione europei? Vince, dice don Ciotti, l’unica ad avere una strategia per unire l’Italia: la mafia.
«Le mafie ringrazieranno» ha esordito don Ciotti. «Quando impoverisci i territori, non offri politiche sociali, quando frantumi tutto e scarichi i problemi sui poteri locali dicendo “Occupatevene da soli”, le mafie sanno approfittare molto bene di quei vuoti. Ce lo insegna la storia. Nelle zone più fragili devi investire di più, non il contrario. Devi creare più servizi, devi dargli più attenzione se non vuoi che crescano le mafie. C’è un segnale: stiamo passando da un ecosistema ad un egosistema, fatto di egoismo e individualismo. Dobbiamo impedirlo. Frammentare il paese farà diventare più ricche le zone già ricche e quelle povere sempre più povere. L’emorragia di umanità in questo Paese è inquietante, i territori feriti vanno aiutati e invece qui si vogliono trasformare i diritti in privilegi».
Non scaricare le antiche ferite di una parte del paese solo sulle Regioni, quindi, ma, avverte il presidente di Libera: «Questo non sia un alibi per i politici locali». «L’opinione pubblica è distratta sull’Autonomia Differenziata» ha detto il costituzionalista Gaetano Azzariti, presidente di Salviamo la Costituzione «Più che la Costituzione più bella del mondo, la nostra è quella meno applicata del mondo. La Costituzione non è, come si pensa, la nostra arma di difesa, ma è un’arma di attacco. E dobbiamo usarla nei momenti difficili, come questo in cui si vuole passare da un regionalismo solidale ad un regionalismo competitivo e appropriativo, dove ci si occupa solo dei cittadini del proprio territorio. Questo è contro lo spirito della nostra Costituzione. Quello che si sta tentando di fare è un errore che se uno dei miei studenti facesse ad un esame boccerei immediatamente».
Un massacro sociale, ha definito la riforma del ministro per gli affari regionali e le autonomie Calderoli, la presidente dei Comitati per il ritiro di ogni Autonomia Differenziata, la friulana Dianella Pez: «Non aumenterà solo il divario NordSud, ma anche quello interno ad ogni regione d’Italia tra ricchi e poveri. Ne faranno le spese gli studenti, che ormai non sono più al centro di una scuola costruita sulle regole di mercato, quelli che aspettano i medici a gettone al Pronto Soccorso, le donne, i migranti e i lavoratori schiacciati dai ricatti. È una riforma di bandiera? Sì, una bandiera conficcata nei corpi degli ultimi».