Dopo i due decessi di Falerna riflettori accesi sul tragico rituale delle droghe mischiate ad altre sostanze per aumentare gli incassi. La storia di un calabrese uscito dal tunnel e che si è ripreso la sua vita
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Francesco è chiaramente un nome di fantasia ma la sua storia a lieto fine è per fortuna molto reale. È uscito dal tunnel della dipendenza col sostegno di familiari ed operatori, ma anche con grande volontà personale.
Dopo il recente tragico fatto di Falerna (due cugini morti) parla in esclusiva al Network LaC un uomo calabrese di mezza età.
Mi ritengo fortunato, volevo morire
«Io non sono mai stato male per la sostanza tagliata male – premette Francesco – forse perché magari consumavo quantitativi tipo 5, 6, 4 grammi al giorno; quindi mi rendo conto di avere una specie di canali preferenziali, quindi la roba, la sostanza che acquistavo era un po' più pulita. Da quello che sento o che posso conoscere si parla troppo spesso di sostanze tagliate, con chiamiamole porcherie, quindi il rischio è sempre maggiore. Comunque è un mondo che non mi appartiene più e non voglio che mai in più mi appartenga.
Ci sono stati frangenti – aggiunge – in cui dentro di me speravo di morire. Oggi dico meno male che non sono morto, però purtroppo in me ho visto persone prima e anche durante il percorso che magari hanno abbandonato che sono morte anche alla prima dose. Sotto questo punto di vista, posso considerarmi fortunato».
Tornato alla vita da persona libera
Si è ripreso la sua vita, ma è cosciente delle mille insidie ad ogni giorno.


«Dentro la comunità si è protetti, fuori no – sostiene “Francesco” – Qui al Centro Calabrese di Solidarietà a Catanzaro mi sono fidato ed affidato agli operatori. Tentazioni oggi non ne ho perché sono una persona che sta bene, guadagna, si mantiene, fa sacrifici, come una persona che conduce una vita normale. Però non è semplice, perché diciamo che il mondo negativo, oggi fuori, è sempre a contatto. Però ho la fortuna di essere una persona libera di scegliere, io faccio le mie scelte e oggi ho scelto di stare bene. Andiamo in giro per le scuole a parlare ai giovani. Ci ascoltano, si, ma quando ce ne andiamo sinceramente non so se riflettono ancora su quello che hanno sentito».