«Se penso ai bambini e ai ragazzi come me, che sono morti, mi viene da piangere. Ho pianto perché so cosa significa». Si commuove Kalid, e le sue lacrime commuovono i ragazzi della terza media, dell’Istituto comprensivo Chicco Simonetta di Caccuri, piccolo borgo posto in cima all’Alto Crotonese.
Due giovani allievi, ieri mattina, sono stati premiati. Presenti il dirigente scolastico Pasquale Succurro, la sindaca Marianna Caligiuri, il giornalista ed ex parlamentare Franco Laratta, il professore Gianni Porcelli presidente della Pro-Loco che ha organizzato il tutto, Roberta Rocca.

Kalid Nadif ed Emilio Quintieri, con i loro elaborati hanno ottenuto importanti riconoscimenti nell’ambito del concorso regionale “Eplibriamocil. Giornata Mondiale del Libro e del diritto d'autore”. Ora il riconoscimento nella loro scuola di Caccuri.
Quintieri ha scritto un ottimo pezzo di cronaca sulla tragedia di Cutro, da perfetto cronista, per poi analizzare la situazione più complessiva dell’immigrazione nel nostro paese. Con riflessioni e analisi che solo un ragazzo piuttosto maturo poteva fare. Per poi concludere: “Ricordiamo che Alessandro Magno si sforzò in ogni modo di fondere e amalgamare le culture delle diverse etnie che abitavano le terre che si trovò a unificare sotto il suo impero, dimostrando un gran rispetto verso le culture e le etnie diverse dalla sua. Cerchiamo di seguire questo grande esempio che la Storia ci ha consegnato”.

Il registro cambia quasi immediatamente. "Mi chiamo Kalid Nadif  sono un ragazzo di 14 anni, un ragazzo di religione musulmana. I miei genitori sono del Marocco, mio padre fa il venditore ambulante e riesce a mantenere la famiglia in modo onesto e dignitoso", così il tema dell’altro ragazzo che ha anche raccontato la storia della sua famiglia che vive a Caccuri, nella speranza di costruire un futuro migliore di quello che il paese di origine non poteva dargli. Una storia toccante, uguale a mille altre in Italia, ma sentirla direttamente dalla voce rotta di un ragazzino minuto e timido, ha la forza di un pugno nello stomaco.
“Mi reputo fortunato perché sono nato in un Paese moderno e ricco: l’Italia, che sicuramente potrà offrire a me e ai miei fratelli un futuro migliore. Ogni giorno la cronaca ci mostra tantissimi sbarchi: c’è chi ce la fa, e c’è chi non ce la fa”.
Poi Kalid ricorda il recente dramma di Cutro: “Queste persone provengono soprattutto dal Nord Africa, e hanno il sogno di un futuro migliore. Il 26 febbraio 2023, lungo le coste di Cutro, in provincia di Crotone, c’è stato un naufragio di più di 200 persone a bordo di un barcone, partito quattro giorni prima dalla Turchia! C’erano uomini, donne, bambini, purtroppo la maggior parte non ce l’ha fatta, erano quasi arrivati, si sentivano le urla di aiuto dalla spiaggia, molti bambini sono morti; sulla spiaggia la mareggiata ha trasportato oltre ai corpi senza vita, anche vestiti, biberon, giocattoli… una tristezza infinita”.

Kalid si blocca, in sala i ragazzi quasi trattengono il respiro. “Il 28 febbraio il presidente Mattarella è venuto per rendere omaggio alle salme e per rassicurare i sopravvissuti, ricoverati presso l’ospedale San Giovanni di Dio di Crotone. Questi migranti, per venire in Italia, hanno pagato per affrontare un viaggio per niente sicuro, sono stati molto coraggiosi e hanno fatto di tutto per poter avere un futuro migliore. Se penso ai bambini e ai ragazzi come me, che sono morti, mi viene da piangere”.

Il ragazzino poi quasi sussurra: “Ho pianto perché so cosa significa, me lo racconta sempre mio padre, egli ha lasciato l’Africa 20 anni fa, è venuto in Italia, ha iniziato a lavorare onestamente, è tornato in Marocco, si è sposato e con mia madre sono rientrati in Italia perché volevano che la loro famiglia crescesse in un Paese democratico. Ora viviamo a Caccuri, un paesino in provincia di Crotone a pochi km da Cutro, io e i miei fratelli siamo perfettamente integrati e abbiamo un sacco di amici, andiamo a scuola e i nostri genitori vogliono farci studiare proprio per avere un futuro prospero”.

Il futuro. L’integrazione. La speranza. Kalid è un ragazzo molto sensibile: “A volte mi sento in colpa, perché io potrò realizzare i sogni dei miei genitori, mentre tutti quei bambini e ragazzi annegati non potranno farlo mai. Cercherò di realizzare i miei desideri anche per loro”.
La commozione prende tutti. Le parole del ragazzo sono pesanti e profonde. Poi continua: “Io sono ben integrato, anche se ho qualche problema con l’italiano, ma l’integrazione non è fatta solo di amici che ti vogliono bene, è necessario un lavoro che ti dia la giusta dignità, è necessario avere una casa dignitosa, molto spesso capita che i migranti siano visti in modo negativo e, a causa di ciò, non solo non riescono a trovare un lavoro, ma è difficile anche trovare una casa, infatti molti abitano in dimore fatiscenti! Per essere accoglienti bisogna abbandonare i pregiudizi. Per me accoglienza significa garantire: il lavoro, l’istruzione, l’integrazione, e soprattutto guardare gli altri con la consapevolezza che dagli incontri nascono la conoscenza e la crescita”.
Un ragazzino che racconta così la sua vita in un paesino calabrese, dovrebbe essere ascoltato da tutti. Perché la sua vita sia la nostra vita. Come non ha potuto essere la vita dei morti di Cutro.