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Il via vai delle autobotti è a ciclo continuo. Non solo mezzi dei vigili del fuoco e della protezione civile. Arrivano anche veicoli messi a disposizione dai comuni di Rende e Montalto Uffugo. Le vasche di decantazione della Legnochimica intanto continuano a bruciare ininterrottamente dallo scorso giovedì, dall’8 giugno.
L’ex stabilimento, dismesso da anni, situato nel cuore del parco industriale ad un tiro di schioppo dal fiume Crati, continua a rappresentare una minaccia sul piano della salubrità e della tutela dell’ambiente. Sul posto le operazioni di spegnimento sono coordinate da Carlo Tansi.
Il capo della protezione civile rassicura: «Queste tre vasche sono state riempite con scarti provenienti dalla lavorazione del legno. E’ importante chiarire questo aspetto: non vi sono altre sostanze. Tuttavia sono state abbandonate e, anche a causa delle alte temperature, hanno preso fuoco».
Un fenomeno di autocombustione? «Io ci credo poco, comunque entro breve tempo i vigili del fuoco stabiliranno l’origine del rogo – replica Tansi che poi precisa – Non riusciamo a spegnere l’incendio perché le vasche sono colme di materiale infiammabile. Tuttavia i campionamenti effettuati da Arpacal non lasciano dubbi: i fumi sono compatibili con la combustione di sostanze organiche. Questo significa che possiamo escludere completamente la presenza di qualunque altro tipo di agente inquinante. Non vi sono elementi tossici».
Intanto la mobilitazione è imponente. «Abbiamo attivato dieci autobotti, la maggior parte a grande capacità, di cui cinque della protezione civile regionale, due elicotteri e due canadair giunti da Roma ad alta capacità, in grado di scaricare circa seimila litri di acqua. Inoltre – informa ancora Tansi – stiamo attrezzando l’area con delle torri faro per illuminare la zona poiché le operazioni di spegnimento proseguiranno per tutta la notte». Sul posto è giunto anche il presidente della Regione Mario Oliverio accompagnato dal prefetto Tomao e dal sindaco di Rende Marcello Manna. Il governatore ha incontrato alcune famiglie residenti in prossimità dell'ex stabilimento.
Salvatore Bruno