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Erano oltre 600 gli operai che lavoravano nello zuccherificio di Lamezia Terme, quando ancora questa non esisteva e il comune di Sant'Eufemia era stato da poco bonificato. Qui timbravano i cartellini tutte le mattine, dando inizio alla loro giornata di lavoro in quella che era una vera e propria fabbrica d'eccellenza del Sud Italia.
Ora dello zuccherificio non rimangono che macerie. Breve fu la sua vita in piena attività. Nato nel 1939 chiuse negli anni Sessanta. Un milione e duecentomila i quintali di bietole lavorate in ogni stagione, venti mila i quintali lavorati ogni giorno.
Cento i camion che ogni giorno arrivavano nel piazzale per prelevare lo zucchero raffinato. Ottocento, invece, i litri di nafta utilizzati per far funzionare l'impianto.
Un impianto lasciato ora cadere su se stesso. Spesso preso di mira come discarica abusiva di rifiuti ingombranti. Qui hanno trovato rifugio diversi senza tetto per passare le gelide notti invernali. Ma lo zuccherificio è stato anche il luogo dove a luglio 2011 venne ritrovato il cadavere di un uomo, completamente nudo e riverso sul pavimento, al primo piano dell'edificio. Nei pressi venne, invece, trovata una donna colombiana in stato confusionale, che raccontò di essere stata violentata a turno da un gruppo di uomini. Dagli oggetti ritrovati si capì subito che lo zuccherifico era diventato luogo di ricovero per sbandati e piccoli delinquenti.
Eppure dello zuccherificio si parla anche nei libri di architettura. E' considerato un raro esempio in Calabria dell'architettura degli anni Trenta. Ma delle diverse idee di recupero e valorizzazione non si è mai fatto nulla. Colpa dei contenziosi legali con la proprietà, la Cissel che vorrebbe riutilizzare l'area per creare altre realtà, come ad esempio un supermercato o un parcheggio. Tiziana Bagnato