Cinque comunità e una cittadinanza onoraria alquanto paradossale. La storia che si lega intorno a Pietro Fumel resta sempre più una vera e propria contraddizione, considerando come le fonti, nel corso degli anni, hanno messo in luce una cronologia dei fatti abbastanza cruenta. Tutto parte, all'interno di questa vicenda, nel periodo subito successivo all'Unità di Italia con cinque comuni che dal 1862 al 1863 lo insignirono della cittadinanza onoraria: Cosenza, Amendolara, Bisignano, Roseto Capo Spulico e San Marco Argentano.

Un “premio” degli amministratori dell'epoca che fa discutere nei tempi odierni ma era da considerare come una prassi ordinaria più di centosessanta anni fa. La documentazione resta abbastanza peculiare, online si trova con una ricerca non troppo complicata anche quelle che furono le motivazioni formulate nei vari territori, come ad esempio a San Marco Argentano.

Nel paese della torre normanna, la cittadinanza a Fumel fu attribuita poiché «nella esecuzione del proprio mandato, l'abilità del colonnello è tale da procurarsi con una logica trascendentale la evidenza delle prove dell'altrui malfatto, traendo a spontanea confessione i delinquenti stessi, non senza le meraviglie degli assistenti e quindi condannando nel capo con pieno convincimento morale, nel respingere da sé la qualifica di giudice severo, viene ad accertato anzi dall'universale lo encomio di albero della vita».

Il lessico di un'Italia appena formata mostrava delle palesi contraddizioni, soprattutto quando erano messi poi in ballo sentimenti di umanità e di eroismi con fin troppa generalità, senza poi approfondire concretamente la vera realtà dei fatti. Per la cronaca, restano i cinque paesi dell'hinterland cosentino, compreso l'attuale capoluogo di provincia, ad insignito il generale d'Ivrea che, nel combattere il brigantaggio, si spinse in esecuzioni macabre e cruente.

Le violenze di Fumel: una pagina buia per la Calabria

Non è una storia dai toni allegri, tutt'altro. Quanto fatto da Pietro Fumel, con i gradi poi di colonnello una volta arrivato nel territorio Cosentino, fa capire come possa esserci del malessere a distanza di più di un secolo e mezzo. Le vittime del militare piemontese venivano decapitate e le loro teste impalate come un futuro avvertimento anche a quanti aderivano o appoggiavano le bande brigantesche, altri cadaveri invece venivano gettati nei fiumi senza andare troppo per il sottile. Quanto accadde soprattutto a Fagnano Castello di sicuro fa capire come la figura di Fumel non sarebbe stata ispirata ai nobili valori trascritti nelle pergamene promulgate dai precedenti cinque comunità citate.

Il generale, infatti, preso dalla smania di combattere il fenomeno del brigantaggio con fin troppa foga si scagliò letteralmente contro la popolazione dell'Esaro, ordinando e ottenendo la strage di circa cento contadini inermi, ai quali da tempo è stata dedicata una targa proprio nei pressi del cimitero locale.

Una targa ricorda il triste avvenimento nel territorio di Fagnano Castello

Rivisitare e dare una giusta importanza alla storia concreta dovrebbe essere il compito delle amministrazioni comunali che, allo stato attuale, non hanno revocato questa cittadinanza onoraria: a Bisignano, per esempio, fu annunciata questa intenzione ormai più di un anno fa, salvo poi frenare nelle intenzioni concrete sulla base di un eventuale evolversi del dibattito per non incorrere in errori di valutazione storica.

La battaglia del Movimento Equità Territoriale

Il tema, dibattuto in varie forme da appassionati storici e revisionisti, è ora condiviso anche dal membro del direttivo del Movimento Equità Territoriale, Roberto Rose. Quest'ultimo si era rivolto proprio all'amministrazione cratense per chiedere la revoca della cittadinanza onoraria e ora inoltrerà la richiesta anche alle altre quattro comunità del Cosentino che annoverano ancora Fumel tra i cittadini eccellenti.

Rose, rappresentando anche i valori del progetto fondatore dal giornalista e storico Pino Aprile, ha dichiarato in merito a questa paradossalità storica: «Nella mia terra d'origine, a Bisignano, Fumel scatenò la sua violenza, in zona Macchia Tavola, contro le bande capeggiate da Vincenzo e Giovanni Russo a cui sterminò le famiglie. La repressione attuata da Fumel fu spietata, usando i metodi più estremi e cruenti per eliminare i briganti, ricorrendo alla tortura e al terrore, senza distinzioni tra briganti e manutengoli o presunti tali e a dipendenza dall'osservanza di qualsiasi garanzia legale».

Prossimamente incontrerà gli amministratori dei paesi cosentini, chiedendo un atto di giustizia storica: «Mi chiedo come si possa dare e mantenere ancora, quindi, alla luce di quanto esposto, una cittadinanza onoraria ad un racconto che faceva della sua violenza uno spettacolo obbrobrioso e disumano . Le amministrazioni dovrebbero togliere immediatamente questa cittadinanza, i fatti storici sono abbastanza evidenti».