I libri di istologia e biologia molecolare della cellula sono sulla scrivania, nella piccola stanza da letto di un appartamento al sesto piano che s’affaccia su viale Mancini a Cosenza. Ludovica Pantusa volge lo sguardo a sinistra e, sullo sfondo, intravede il liceo scientifico Enrico Fermi: «Per cinque anni è stata la mia seconda casa». Tra ricordi e sogni, la studentessa diciottenne premiata tra gli Alfieri del lavoro si racconta a LaC News24 come gli altri personaggi che il network ha scelto per rappresentare il 2023.

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Il test al San Raffaele e il messaggio dei compagni: «Ludovica Alfiere del Lavoro»

Ludovica nella sua stanza

Quella mattina del 25 marzo – quando la professoressa Tucci entrò in classe per dare l’annuncio ufficiale della sua candidatura – il banco di Ludovica era vuoto: «Mi trovavo a Bari, dove si svolgeva la prova di ammissione alla facoltà di Medicina del San Raffaele di Milano».

A darle la bella notizia furono i compagni della quinta A: «Finito il test, accesi il telefono e lessi un messaggio sul quale c’era scritto “Ludovica Alfiere del Lavoro”. Feci un sorriso, convinta si trattasse di uno scherzo».

Era tutto vero. Ludovica lo scoprì nel giro di pochi minuti: lei e un’altra studentessa erano state selezionate per rappresentare il liceo scientifico Enrico Fermi al premio nazionale Alfiere del Lavoro, che – fondato nel 1961, in occasione del centenario dell’unità – celebra ogni anno i migliori 25 studenti d’Italia. Le candidature arrivate dagli istituti scolastici nel 2023 sono state 3.563.

Dalle matite allineate sul banco delle elementari al Quirinale

La foto ufficiale – che ritrae Ludovica, elegantissima nel suo tailleur nero accanto al presidente della Repubblica Mattarella – è stata scattata al Quirinale lo scorso 17 ottobre, ma la storia di questo successo ha inizio tanti anni fa sul banco della scuola elementare Don Milani-De Matera, dove una bambina ogni mattina allineava con precisione le sue tante penne colorate: «L’ordine e l’organizzazione li ho presi da mia madre». 

Ludovica si raggomitola sul grande divano di pelle che arreda il soggiorno, mentre i due bassotti Birra e Leffe le scodinzolano ai piedi, in attesa di coccole. “Le nuvole possono essere candide, oltre che bianche”. La maestra di italiano lo ripeteva sempre ai suoi alunni. «Mi ha insegnato l’importanza di utilizzare un linguaggio variopinto. Se ho imparato a scrivere bene, è merito suo».

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Le scuole medie hanno il sapore della solitudine

Frequenta le scuole medie alla Zumbini di via Roma e di quei tre anni le resta in bocca il sapore amaro della solitudine: «I compagni percepivano la mia bravura come diversità, e mi ritrovai isolata dal resto della classe». Dalla Sicilia parte la staffetta letteraria, che passa dalla Calabria e attraversa tutta l’Italia: «Ogni scuola aveva il compito di scrivere il capitolo di una storia. Ero ancora in prima media e – nonostante il progetto fosse riservato agli alunni delle terze – la professoressa di italiano Falbo volle che fossi io a rappresentare l’istituto».

Il dieci e lode conseguito all’esame di licenza media è fieno in cascina, ma Ludovica questo ancora non lo sa e s’incammina verso una nuova avventura chiamata liceo: «Non ho mai pensato che esistessero argomenti inutili e tutto quello che ho studiato mi ha consentito di acquisire un metodo di apprendimento che adesso applico all’università. Ma se la letteratura è una passione, le materie scientifiche per me hanno sempre avuto qualcosa di più».

Il liceo Fermi e l’amore per la scienza

Il riconoscimento

L’indirizzo internazionale – al quale Ludovica si iscrive sin dal primo anno – prevede che gli insegnanti di matematica, fisica, chimica, biologia e geografia siano affiancati da docenti madrelingua di inglese. Dal primo al quarto, Ludovica conclude l’anno scolastico con la media del dieci. Ed è altro fieno in cascina, che si aggiunge a quello accantonato con l’ottimo profitto conseguito alle scuole medie. Con una differenza. La sua bravura da condanna è diventata valore aggiunto e i rapporti con i nuovi compagni di classe sono ottimi: «Non mi hanno mai fatta sentire diversa, soltanto perché ero più preparata di loro».

L’ultimo anno di liceo volge al termine. Il test di medicina e gli esami di Stato mettono all’angolo il pensiero di quella candidatura al premio nazionale Alfieri del Lavoro. Ludovica si diploma con cento e lode: l’aria profuma di fieno appena tagliato: la cascina adesso è piena: presto Ludovica raccoglierà il frutto del proprio lavoro. 

«Studiare e vivere al Sud significa spesso essere oggetto di pregiudizi»

Milano l’aspetta a braccia aperte. Invano: Ludovica sceglie Catanzaro e divide l’appartamento con sua sorella, anche lei studentessa di Medicina ma al quarto anno: «Il San Raffaele è un ateneo privato e i miei genitori avrebbero dovuto pagare una retta annuale di quasi ventimila euro». La valutazione, però, non riguarda soltanto i bilanci familiari: «Catanzaro è un ottimo polo universitario. Il mio docente di anatomia – il professor Giuseppe Anastasi – è autore del manuale utilizzato dagli studenti di Medicina di tutta Italia».

All’università Magna Graecia – il 9 novembre 2020 – Sara Pedri aveva conseguito la specializzazione in Ginecologia e Ostetricia. Il 4 marzo 2021 morì suicida in fondo a un lago, anche se il suo corpo non è stato mai ritrovato: nell’ospedale di Trento dove aveva prestato servizio non le perdonavano di essersi specializzata a Catanzaro. Ludovica non ricorda il nome di Sara, ma conosce la sua storia: «Studiare e vivere al Sud significa spesso essere oggetto di pregiudizi. Se mi fossi trovata in quella situazione, avrei provato in tutti i modi a dimostrare quanto valgo. Una laurea è sempre una laurea, in qualunque posto venga conseguita».

A febbraio, Ludovica sosterrà gli esami di istologia e biologia. Quando a settembre sul display del suo telefono apparve un numero con il prefisso di Roma, i corsi all’università non erano ancora iniziati. La segreteria della Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro aveva una comunicazione importante da darle ma lei – ancora una volta – pensò a uno scherzo e riattaccò. Una seconda telefonata le fece cambiare idea.

Il giorno della cerimonia, la paura dei tacchi e lo sguardo al futuro

Le décolleté nere riposano in una scatola, in fondo alla scarpiera. Ludovica le ha indossate in occasione della cerimonia svoltasi al Quirinale. Il suo nome che risuona nella sontuosa sala, lei che si alza e s’incammina verso il presidente Mattarella: «Sentivo il cuore battermi forte e a ogni passo avevo paura di inciampare sui tacchi».

Il Capo dello Stato le stringe la mano e chiede a quale specializzazione intenda iscriversi dopo la laurea. Ludovica risponde: «Cardiochirurgia». A dieci anni, in realtà, avrebbe voluto fare la pediatra: per scegliere c’è ancora tempo. Mamma e papà assistono commossi alla cerimonia. Professori e compagni di classe seguono la diretta televisiva. 

Gli Alfieri del Lavoro – in una simbolica continuità tra l’impegno nella scuola e quello nella vita – vengono premiati insieme con i neo Cavalieri del Lavoro. Ludovica Pantusa è abbinata a Massimo Renda, fondatore del marchio napoletano Caffè Borbone. Uscita dal Quirinale e salita sulla navetta che la riporta in albergo, telefona alla nonna e le racconta quanto è felice. Di quel giorno – oltre ai ricordi – rimangono la medaglia del presidente della Repubblica e un attestato che, prima o poi, finirà dentro a una cornice di legno. Ludovica chiude i libri di istologia e biologia molecolare della cellula. S’affaccia alla finestra della sua stanza e volge lo sguardo a sinistra. Il suo amato liceo è sullo sfondo. Lo scorso 25 novembre, la dirigente scolastica Rosanna Rizzo l’ha invitata a raccontare la propria storia agli studenti del Fermi: «Godetevi questi anni, per me sono stati bellissimi».