Intervista a un giovane calabrese studente, amante della musica e della cultura: «Ognuno di noi ha in dotazione un daimon: un genio. Io lo cerco, lo bramo»
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Lorenzo poeta. Lorenzo attore, interprete, musicista, sportivo, studioso… detto così fa quasi paura. Ma chi è veramente Lorenzo Patella? O meglio: quante tempeste vivono e convivono, e forse lottano, dentro di lui?
«Beh. Rifacendomi alle parole di Arthur Miller posso dirti che ognuno di noi ha "in dotazione" un daimon: un genio che spesso e volentieri prima della venuta nell'umanità viene cancellato nel passaggio sulla pianura dell'oblio. Quando nasciamo abbiamo in dotazione questo daimon ma non lo vediamo. Io lo cerco, lo bramo. Voglio dargli voce e quindi l'arte è uno strumento di cui mi servo per raggiungere questa utopia».
Elegante, puntuale, misura le parole e il tempo che ha a disposizione. Di certo non è un ragazzo che si annoia. «Bah, sono immerso in un mare di impegni. Sono alle prese con la chiusura della carriera universitaria, sono impegnato con lezioni di teatro. Qualche appuntamento con il coro della diocesi di Roma e poi il lavoro. Ogni tanto mi concedo qualche secondo per trastullarmi. Ma come ben sai, solo qualche secondo, perché chi si ferma è perduto».
Mi viene in mente William Shakespeare: “Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita”. La leggo e la rileggo e penso a Lorenzo: «In parte mi ritrovo in questa frase. Ci sarebbe tanto da aggiungere. Ma in parte mi ritrovo».
Quello che ho sempre ammirato in questo eclettico ragazzo calabrese è la sua notevole cultura, che passa dal classico al moderno, dal greco al latino, dal teatro alla musica. «Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!». Cosa c’è di Pirandello dentro Lorenzo Patella?
«Io credo che ognuno di noi per quanto possa sforzarsi di ascoltare l'altro non potrà mai capire in toto l'essenza. Proprio in virtù di ciò che ho detto prima. Tutti noi abbiamo un mondo sconosciuto. È faticoso venire a contatto con esso. Le parole potrebbero essere un mezzo. Ma a volte diciamo cose senza senso, senza misura. Bisognerebbe coltivare il silenzio. La contemplazione del silenzio vale più di 1000 parole. Si può venire a contatto con l'ancestrale e quindi si può capire l'altro e il mondo senza bisogno di parlare”.
Lo guardi. Lo ascolti. Lo vedi teso nel suo sacro furore artistico. Sembra del tutto inappagato. Una mina pronta ad esplodere.
E guardando Lorenzo negli occhi, viene in mente Vincenzo Cardarelli: “Ma il mio destino è vivere balenando in burrasca”.
E Lorenzo vive in una eterna burrasca interiore. «Una meravigliosa poesia di Cardarelli. Gabbiani. Pensa che l'ho scritta sul muro della mia stanza a Roma. Io sono in balia della burrasca. Voglio conoscere i visi del divino. Ma qui non è possibile. L'umano non può. L'angelo che abbiamo in dotazione non è umano e l'ordinarietà ci catapulta nella burrasca».
Lorenzo Patella, giovane, calabrese (di Altilia, in in provincia di Cosenza), vive e lavora a Roma, studente di filologia classica alla Sapienza. Laurea in lettere classiche all'Università della Calabria e in corno francese presso il Conservatorio di Musica di Cosenza. È appassionato di cultura, di arte, di sport e di politica.
Ma forse qualcosa ancora manca alla sua personalità.
«Non so cosa manca. Non voglio saperlo. Sicuramente voglio lavorare sullo sviluppo di me stesso. Una cosa è sicura: ognuno è unico. Battiato diceva questo: "mi interessa progredire su di me e non voglio sostituirmi a nessuno". Mi ritrovo in questo».