Il vero pericolo è la sottovalutazione del fenomeno. Questo il messaggio di fondo dell’incontro organizzato dalla società cooperativa “Il Delfino”, che da oltre trent’anni si occupa di dipendenze e il liceo classico B. Telesio di Cosenza. In un auditorium pieno di studenti si sono confrontati sul delicato tema delle droghe il senatore Maurizio Gasparri (Fi), il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri e don Salvatore Vergara, presidente onorario del Delfino.

Gasparri ha chiarito subito che il suo non è un intervento da politico, ma da persona che da anni si occupa del tema al punto da aver lanciato un portale #scelgolavita che raccoglie informazioni sulle dipendenze. Da brevi testimonianze a saggi scientifici, da studi a inchieste sul campo. Il tutto in maniera trasversale, lontano dalla politica, al solo fine di sensibilizzare i ragazzi e le loro famiglie. Perché, come dicevamo, prima la cosa più sbagliata da fare è sottovalutare il fenomeno e dividere, quando si parla di sostanze, le droghe leggere da quelle pesanti. Gasparri, in apertura di intervento, ha spiegato la differenza fra liberalizzazione e legalizzazione. La prima significa liberalizzare il commercio, la seconda è invece consentire la vendita ma entro una cornice di diritto ben definita.

Gasparri: «Bisogna informare e prevenire»

Un po’ come accade per l’alcol, le sigarette, la benzina, i farmaci ecc. I fautori della legalizzazione crescono, ma secondo il senatore forzista la loro idea parte da presupposti sbagliati. Il primo è la differenza fra i vari tipi di droghe. «Ci sono evidenze scientifiche molto chiare - ha ricordato Gasparri - sui danni cerebrali che può provocare il consumo di hashish o marijuana. Anche perché le droghe che circolano oggi sul mercato sono molto più pesanti. Poi il progetto di legge prevede la legalizzazione ma solo per i maggiorenni. Alla criminalità organizzata resterebbe dunque tutto il mercato dei minorenni e quello delle altre sostanze tipo cocaina che è la vera piaga di questa nostra società». 

«Bisogna informare e prevenire - ha concluso Gasparri - Non si tratta di reprimere in maniera ottusa gli usi, il narcotraffico sì. Gli usi vanno prevenuti e bisogna applicare più largamente quelle norme che consentono ai detenuti tossicodipendenti di scontare altrove, con pene accessorie, il loro percorso nelle comunità che li può portare a un recupero. Chi combatte le droghe vuole essere più comprensivo nei confronti di chi soffre il problema, ma repressivo con chi alimenta il traffico».

Gratteri: «Portate i ragazzi nelle comunità, vale più di cento giornate di legalità»

Pienamente d’accordo col senatore è stato Nicola Gratteri che ha portato tutta la sua esperienza nel dibattito lanciando anche un avvertimento a insegnanti e dirigenti scolastici. «State attenti a chi invitate a questi dibattiti - ha detto - Tempo fa mi sono trovato a uno di questi incontri con un senatore, che lo è tuttora, che quasi mezz’ora voleva spiegare che le droghe leggere non creano dipendenza e non fanno male. Allora dico che meglio di cento giornate sulla legalità, con ospite il magistrato mediatico, la soubrette come me, è meglio portare i ragazzi nelle comunità, a parlare con i tossicodipendenti. Vi assicuro che sono esperienze fortissime. Io ogni volta che vado in una di queste strutture torno a casa sempre scosso, ma sempre più fermo nelle mie convinzioni».

E per dimostrare ai ragazzi quanto sia fallace l’idea della legalizzazione, il procuratore fa i conti della serva. «Quanto costa un grammo di marijuana a Cosenza? - chiede alla platea - Diciamo 5 euro al grammo. Gli stessi che vogliono la legalizzazione hanno calcolato che venderla a norma di legge porterebbe il costo a 12 euro perché vanno create le serre, vanno pagate le persone che ci lavorano, va pagato il signore che le vende ecc. Quindi ci sarà sempre un mercato nero cui rivolgersi per pagare di meno e quel mercato è rivolto soprattutto ai giovanissimi».

C’è poi il tema di togliere introiti alla criminalità organizzata, ma anche questo non è vero perché gran parte del traffico, e quindi dei proventi, è basato su cocaina, eroina e anfetamine varie. Infine il tema dell’eccessiva attenzione a questi temi da parte delle forze dell’ordine che potrebbero essere “distratti” da altre indagini. Ma in realtà chi controlla una piazza non vende solo erba, ma un po’ di tutto. Sono organizzazioni vere e proprie spesso dedite ad un sacco di altri reati. Le indagini anche in questo campo sono quindi importanti. 

Infine Gratteri ha voluto lanciare una proposta che tiene insieme più problemi di questo Paese. Il punto di partenza è che le carceri in Italia, come nel resto del mondo, sono sovraffollate. Il 33% dei detenuti però è tossicodipendente e gli istituti penitenziari non sono attrezzati per curare queste patologie. L’idea allora è mandare i detenuti tossicodipendenti nelle comunità terapeutiche. «Guardate che le comunità non sono luoghi di villeggiatura, pensate che agli ospiti vengono date dieci sigarette al giorno. Pensate a un cocainome che si deve far bastare solo quel tabacco. Certo, direte, ma scapperanno. Forse si su dieci, tre o quattro scapperanno, ma li riprenderemo. Figuriamoci se non siamo in grado di arrestare un rapinatore. Però salviamo quelli che restano ed in più lo Stato effettua anche un risparmio: un detenuto costa 200 euro al giorno, una persona in comunità solo 80. Quindi è una strada che si può percorrere».

La moderatrice dell'iniziativa, la docente di storia e filosofia del Telesio Barbara Marchio, ha poi dato la parola a don Salvatore Vergara. «Io non mi occupo di droga, ma di drogati - ha detto il sacerdote - mi interessano le persone, le storie. E il filo comune di tutti coloro che si drogano è l’effetto anestetizzante delle sostanze. Ma cosa vogliono anestetizzare i nostri ragazzi? Questa è la domanda da porci. Per la mia esperienza la prima cosa è la solitudine, per questo la società è un antidoto importante contro questa roba». 

Don Salvatore poi ha ricordato che in 25 anni di esperienza al “Delfino” ha conosciuto solo due persone che hanno usato direttamente le droghe cosiddette “pesanti”, tutti gli altri hanno iniziato facendosi le canne. Quindi è falso che le droghe leggere possono essere gestite tranquillamente. Lo afferma anche il neurologo Francesco Morelli, intervistato dai ragazzi del liceo e collegato da remoto.

Insomma non è con la legalizzazione, secondo i relatori, che si risolve il problema