La giornata calabrese di Renzi avrà avuto i riscontri che cercava si chiede una collega giornalista calabrese alla fine di un resoconto sulle tappe toccate dall’ex premier nel suo toccata e fuga nella regione (canaglia?) guidata da Oliverio? Alla fine del cordiale incontro con il governatore, Matteo Renzi, così come aveva fatto all’arrivo, ha dribblato tutti schivando la stampa e i soliti fissati del selfie, a partire dalle decine di impiegati regionali che oltre il turno di lavoro hanno atteso invano la sua uscita per strappare un selfie ricordo da postare sulla propria pagina social. Niente di niente.

 

Bocche cucite anche dalle parti del presidente della Giunta. Qualche minuto più tardi Renzi era già di ritorno in auto verso Roma, così come testimoniato da un suo Twitter nel quale si rammaricava di non aver potuto inaugurare la SA-RC. E i riscontri? Ma figuratevi che Renzi si faceva tutti questi km senza portare a casa nulla.

 

Il vero obiettivo della sua visita era proprio l’inquilino della Cittadella regionale, l’imprendibile lupo della Sila, da qualche settimana alla testa di un’area autonomista, dopo aver definitivamente liquidato Bersani e D’Alema e la loro posizione scissionista. Passano pochi minuti dalla fine dell’incontro e gli uomini più vicini al Presidente si mettono al lavoro: raccogliere le firme tra gli iscritti al PD per la candidatura di Renzi al congresso. E conoscendo la macchina militare di marca ex PCI della federazione provinciale cosentina, in capo a qualche ora, le firme saranno centinaia. Pur in assenza di un pronunciamento ufficiale dunque, è evidente, a questo punto, che l’area del governatore si sia ormai posizionata per il sostegno a Matteo Renzi.

 

D’altronde Oliverio non aveva molte opzioni, difficile il suo sostegno ad Andrea Orlando, considerato il rapporto storico con Carlo Guccione, oggi uno dei maggiori avversari interni del governatore. Altrettanto complicato il sostegno al suo collega pugliese Emiliano, lontani politicamente e antropologicamente. Non rimaneva che la strada obbligata del sostegno a Renzi, una posizione non del tutto incomprensibile, soprattutto dopo lo sdoganamento della campagna referendaria a favore de Si al referendum.

 

E Renzi che potrà pure avere tanti limiti, ma è indubbio che sia un animale politico, ha colto sia i segnali politici lanciati da Oliverio nei giorni scorsi, sia i motivi del disagio del governatore a schierarsi con Orlando o Emiliano e, dunque, seguendo l’antico adagio, “se Maometto non va alla Montagna la Montagna andrà da Maometto” eccolo che, nel pomeriggio di ieri, ha squillato al citofono di una porta secondaria della Cittadella. Abbracci, sorrisi, cordialità e strette di mano. Ascolto e comprensione dei problemi del Mezzogiorno, ha sussurrato via social l’ex premier, indicazioni utili in vista dell’assemblea programmatica del Lingotto di Torino, la motivazione ufficiale. Chiaramente, frasi di circostanza per glissare sull’obiettivo vero della visita. 

 

In serata, invece, la prova che la giornata aveva prodotto i suoi frutti alla causa renziana, e cioè, la chiamata alle armi da parte degli uomini del governatore: “compagni, salviamo il soldato Renzi”. Come quando e dove sarà annunciata la scelta politica lo si vedrà nelle prossime ore. Certo, se la giornata calabrese di Renzi per le sue modalità ha spiazzato tutti, tuttavia ha anche lasciato l’amaro in bocca in molti renziani della prima e seconda ora, tutti snobbati dal leader di Rignano, ad eccezione del Sindaco di Reggio Calabria, e ieri sera, seppur a mezza bocca, erano in tanti a non disdegnare battute al vetriolo sia all’indirizzo del Presidente della Regione, sia verso lo stesso Matteo Renzi.

 

È probabile dunque, che la guerra al riposizionamento dei capi corrente piddini riserverà ancora non poco sorprese in Calabria, d’altronde, se un antirenziano come Oliverio diventa un capo corrente del renzismo, niente di strano che un renziano spinto possa diventare il capo corrente dell’opposizione di sinistra.


Pasquale Motta