“Ho preso la chitarra e suono per te...”. È una serata di inizio settembre, una di quelle inondate di luna. Papà Leo è seduto a capotavola, intona un vecchio brano di Nicola di Bari e pizzica con le dita le corde del suo strumento preferito. La musica a casa Lombardo è una costante, una dolce carezza a cui non si fa abitudine bensì affidamento per disperdere il carico dei pensieri pesanti.

“Il tempo di imparare non l'ho e non so suonare ma suono per te”. Scorrono i minuti tra le pareti della cucina e con essi anche le note della chitarra che continua a riempire la stanza con una piacevole e leggera sensazione di serenità ora che tutto, finalmente, è di nuovo al proprio posto.

Siamo a Borgia, nel Catanzarese, nella periferia di un comune di provincia che sta leggermente in disparte come a non voler disturbare. Francesca è da pochi mesi rientrata a vivere nel suo paese di origine. C'è finalmente anche la sua voce, stasera, insieme a quella della madre, della sorella e degli amici, a mischiarsi con quella di papà Leo che prosegue con i suoi accordi a tenere sveglio il buon umore. 

Trentenne dai capelli sfacciatamente rossi, Francesca non è stata fuori per un viaggio rilassante né per risolvere una pratica da dare in pasto alla burocrazia bulimica di documenti. Ha trascorso mesi lontano da casa per essere sottoposta ad un trapianto di cuore. 

“La senti questa voce? Chi canta è il mio cuore”. Fuori dalla finestra l'estate sembra non voler evadere mentre attorno alla tavola continuano tutti a canticchiare e a poggiare sulla melodia del pezzo le giuste parole. Un brano, "La prima cosa bella", che mette in mezzo tra una strofa ed un'altra proprio il cuore, l'organo che pompa il sangue e nutre il corpo consentendo alla vita di rinascere ogni giorno. Francesca sa bene quanto sia importante che il motore della circolazione sanguigna funzioni correttamente e soprattutto è consapevole di quanto sia difficile attraversare la quotidianità quando le cose non vanno come dovrebbero ed ogni battito rischia improvvisamente di diventare un meta lontana, un'ipotesi, la scommessa di un traguardo.

«A luglio delle scorso anno - racconta la ragazza - non riuscivo a mangiare perché mi veniva da rimettere qualsiasi cosa ingerissi. Inizio a stare male, bevevo soltanto e nonostante questo continuavo a prendere peso. In venticinque giorni ho messo su dieci chili e non capivo il perché. Incomincio così a perdere acqua dai pori della pelle».

Da La Spezia, dove si trovava in quel momento, Francesca torna in Calabria per essere aiutata dalla famiglia in un periodo decisamente delicato per lei. Dopo i primi controlli e i primi ricoveri la condizione della trentenne continua a presentarsi complessa. Così, a distanza di poche settimane e a seguito di ulteriori consulti, raggiunge Trieste e tra le mura dell'ospedale di Cattinara arriva la diagnosi: cardiomiopatia ipertrofica restrittiva. Tre parole. Tre sole parole dal suono spiacevole, dal sentore minaccioso, capaci di provocare uno smottamento alle fondamenta dell'anima ma anche di offrire un nome al pericolo a cui scampare, di definire più chiaramente il bersaglio.

«L'unica strada da percorrere era il trapianto - aggiunge la trentenne -. Quando mi hanno dato la notizia ero da un lato spaventata, dall'altro pensavo che potesse esserci finalmente una via di uscita. Tutto questo è accaduto ad ottobre. Nel frattempo mi impiantano un defibrillatore sotto cutaneo perché potevo avere delle aritmie pericolose. Il 9 febbraio 2024 entro in lista d'attesa per il trapianto. Ad aprile, e più precisamente la sera successiva al mio trentesimo compleanno, ricevo la chiamata dal centro trapianti di Milano per informarmi del fatto che ci fosse un organo compatibile con il mio corpo».

È questione di attimi e di vita che passa attraverso le emozioni. Francesca accetta di essere sottoposta a trapianto dopo essersi accertata che non ci fossero casi più urgenti del suo. Ma non si limita a fare questo. Decide anche di donare le valvole del suo vecchio cuore rimaste in buone condizioni. «Oggi ho una responsabilità grandissima: devo portare avanti la mia vita ma anche quella di chi vive dentro di me con il cuore che mi è stato affidato. Vorrei lanciare - aggiunge Francesca - un appello per sensibilizzare alla donazione degli organi e del sangue. Non siamo niente, dovremmo donare quello che possiamo perché la vita ci restituisce il bene che abbiamo dato e dovremmo impegnarci ad essere sempre delle belle persone». 

Con il sorriso stampato in volto, tiene poi a sottolineare che si parla poco di donazione degli organi e che bisogna darsi da fare affinché questo tema venga affrontato a più livelli soprattutto in Calabria. Un gesto di generosità può salvare la vita di altre persone e consentire loro di condurre un'esistenza dignitosa e serena. È opportuno - fa capire Francesca attraverso le sue parole - non trattenere l'amore per il prossimo, indipendentemente che sia a noi vicino o il più lontano tra gli sconosciuti. 

La giovane si dice inoltre disponibile a raccontare la sua storia e a rispondere ad eventuali domande sulla sua vicenda non per discorrere semplicemente di sé ma per tendere una mano a chi ha bisogno di aiuto e avverte l'esigenza di conoscere più nel dettaglio il suo caso. Un percorso ad ostacoli quello che la trentenne originaria di Borgia ha dovuto attraversare ma grazie al quale - spiega - è riuscita ad accorgersi dell'importanza delle piccole e preziosissime cose: una passeggiata in riva al mare, una giornata di sole con gli amici, un pomeriggio speso a dilapidare la felicità per non sprecarla. 

Francesca si è aggrappata alla vita con tutta la forza che aveva in serbo e con quella supplementare che la famiglia le ha fatto trovare ogni giorno, grazie al patto non scritto di esserci sempre, alla tacita promessa di accendere una scintilla di lucidità nel buio della confusione. 

Lei, fortunatamente, sola non si è mai sentita e lo ribadisce a più riprese. I suoi genitori e sua sorella l'hanno costantemente aiutata affinché non mollasse la presa dalla speranza, soprattutto quando la resa appariva come la scelta più comoda ed immediata. Francesca ha resistito e combattuto nonostante il futuro sembrava volesse voltarle le spalle e puntare in direzione contraria alle aspettative e ai desideri di una ragazza in credito con la vita. Ha vinto per sé stessa e per le persone che le vogliono bene. Ma forse anche per il mondo, che senza di lei non sarebbe stato lo stesso. 

“Amore, amore, amore è quello che so dire. Ma tu mi capirai...”. La tenda della notte è calata giù anche a Borgia. È tempo di mettere a posto la chitarra, di sciogliere per il momento il piccolo coro e di andare tutti a dormire. Tranne il cuore, quello ha da fare: deve farsi trovare pronto per il prossimo battito.