La scoperta di siti archeologici inediti nelle aree di Bova, San Salvatore e Monte Grosso apre a linee di intervento più ampie in grado di riscrivere la storia e ridisegnare il futuro dell’intero comprensorio reggino. Ecco gli studi portati avanti e la rete di fortificazioni greche venuta alla luce
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Nonostante il Paco Nazionale dell’Aspromonte, attualmente commissariato, non sia in gran salute i tesori che custodisce e le sorprese che riserva hanno sempre del sensazionale. Lo dimostrano i risultati ottenuti dal progetto Isap - Identificazione e studio dei siti archeologici dell’Aspromonte - finanziato dall’Ente Parco Aspromonte, supportato dalle Soprintendenze dei Beni Archeologici di Reggio Calabria e Vibo Valentia e coordinato dall’archeologo Riccardo Consoli, che ha confermato la presenza di siti archeologici inediti nelle aree di Bova, San Salvatore e Monte Grosso, facendo emergere un imponente sistema di fortificazioni greche.
Questa è una storia che inizia tra il 2016 e il 2017, quando l’allora direttore dell’Ente, Sergio Tralongo, tramite il funzionario Giorgio Cotroneo, viene a conoscenza dei ritrovamenti fatti da Lino Licari, appassionato di archeologia, autore, guida, camminatore e profondo conoscitore dell’Aspromonte. Piccole tracce di insediamenti che lasciavano intuire quanto la montagna custodisse. A Licari, che insieme agli archeologi Consoli e Menariti, al prof. Castrizio, agli architetti Puccio e Gambino ha poi realizzato Isap, venne chiesto di effettuare una mappatura delle aree attraverso azioni di geolocalizzazione e individuazione cartografica delle aree che si supponeva fossero interessate dalla presenza di reperti archeologici.


Ipotesi che il progetto Isap ha poi rivelato essere esatte. «È stato un lavoro di squadra e una vittoria di tutto il team. Abbiamo agito in due fasi -spiega Consoli-: nella prima abbiamo effettuato ricerche di archivio e verifiche superficiali nelle aree segnalate da Lino; nella seconda abbiamo realizzato brevi saggi stratigrafici che hanno rintracciato due imponenti strutture fortificate nell’area di Bova superiore. È stato così localizzato un circuito che, insieme a S. Salvatore e Monte Grosso, rappresenta un unicum nello sfruttamento di epoca greca classica dell’Aspromonte. Non solo, perché la ricerca ha permesso di smentire anche l’assunto per cui Monte Fistochìo fosse una fortezza bizantina, ricollocando i reperti rinvenuti in epoca greca. Scoperte che oggi ci consentono di riscrivere la storia».
Il progetto ha avuto uno stop a causa del commissariamento del Parco, ma le scoperte effettuate stanno dando corpo a una linea di intervento ben più ampia: creare un grande parco archeologico diffuso che, affiancando il riconoscimento di Geosito Unesco, potrebbe completamente trasformare l’Aspromonte e il futuro dei suoi territori. «Sarebbe un primato mondiale -racconta Lino Licari-. Un’area archeologica di 80.000 ettari estesa anche oltre l’area parco dove è presente una rete di fortificazioni greche che arriva fino a 1640 metri di altezza. Un sistema costituito da oltre 60 insediamenti di grandi dimensioni e di forme variegate, rettangolari, quadrate, ellissoidali, che arrivavano fino ai 2500 mq di superficie, dove si contavano sthatmoi, stazioni di servizio e cambio cavalli, phanòs, torri di controllo dell’altezza di più piani, e phrouria fortezze risalenti al VI – V secolo a.C. Tutti i forti avevano all’esterno un’area sacra ed erano collegati da torri ottiche per l’avvistamento e l’eventuale lancio di allarme in caso di attacco, tramite segnali di fuoco e di fumo. Una sorta di telefono senza fili.
Secondo Licari, esisterebbe un sistema che, a partire dalle Pre-Serre, correrebbe verso Sud, attraversando tutto l’Aspromonte su due dorsali, una sul versante jonico, l’altra su quello tirrenico, arrivando ai campi di Bova e raggiungendo la fortezza di peripoli situata nell’area compresa tra Bova Marina e Condofuri Marina. Un sistema che coinvolgerebbe i crinali a media costa di tutte le più importanti fiumare con zone di accesso all’entroterra attraverso stazioni di controllo che connettevano e proteggevano gli insediamenti e i villaggi dell’interno. A dimostrazione del fatto che l’Aspromonte, a partire da quello che oggi identifichiamo come greco, rappresentasse un orizzonte e uno spazio di vita comunicante e interconnesso.
L’obiettivo è ora far si che queste scoperte vengano conosciute e condivise da tutti i territori coinvolti e dai loro amministratori. E pare non solo che la scoperta abbia allertato i 37 sindaci della Comunità del Parco, ma che qualcosa si stia muovendo per programmare un’azione comune.