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Mentre a Platì e San Luca attorno a tavoli bunkerati a 10 metri sottoterra si tessevano le fila di un disegno criminale denominato “Onorata Società”, qualche centinaio di chilometri più a nord, uomini di belle speranze mettevano in piedi un modello assai diverso. Coppola e lupara da una parte, penna e santini elettorali dall’altra. Due modelli opposti: uno rosso sangue, l’altro rosso socialista. Con un’unica somiglianza e con un’unica differenza: silenzio e buio da una parte, silenzio e luce del sole dall’altra.
Reggio Calabria e Cosenza, due città diverse e due espressioni di diversi poteri. L’uno per definizione di stampo ‘ndranghetistico, l’altro per definizione di soldi e cemento.
POLITICA E CEMENTO: L’A3 DI GIACOMO MANCINI
Era il 1961 quando la maxi-opera che avrebbe dovuto legare la Calabria al resto d’Italia muoveva i primi passi. Il progetto oggi ancora in fase di ultimazione e conosciuto come “A3 – Salerno/Reggio Calabria” sarebbe dovuta essere un’arteria autostradale di notevole importanza che affiancava idealmente la più antica ss18. Un moderno collegamento per lunghi tratti diritto e via mare, che ben presto però lascerà il passo ad una variante che – volente o nolente – cambierà per sempre il destino sia dell’opera, che del futuro calabrese. In quel tempo, due grandi personaggi politici si facevano strada nei salotti della politica romana: Giacomo Mancini e Riccardo Misasi. Due cosentini doc. Due “pasionari”. Talmente decisi e visionari che riuscirono a spostare i lavori della parte litoranea cosentina alla parte centrale. Perché? Soprattutto Mancini era consapevole, infatti, del pericolo logistico a cui andava incontro la sua città e, forse, i suoi interessi elettorali. Non far passare un’arteria strategica dalla città dei Bruzi significava estrometterla dagli affari e dagli interessi generali. Ragion per cui, da Ministro dei Lavori Pubblici, come primo atto significativo e di ringraziamento all’elettorato silano spostò tutto. Rispetto al tracciato originario la variante ha comportato un allungamento di 40 chilometri, di cui più della metà fatta di viadotti e con 22 chilometri di gallerie, moltiplicando oltremodo costi e soprattutto disagi per i viaggiatori. Ma nel silenzio della luce del sole, questa opera s’aveva da fa. E s’è fatta.
LA GRANDE CHIESA: UNIVERSITA’ DELLA CALABRIA
Ma l’A3 non porta subito i risultati sperati. Una strada da sola non basta per far crescere un territorio. Ci vuole di più. Così, mentre nella piana di Gioia Tauro venivano predisposte una serie di misure industriali (miseramente fallite) contenute all’interno del famoso “pacchetto Colombo”, dalle parti di Cosenza si pensava diversamente in grande: università. Scrive nel libro “Intoccabili” di Saverio Lodato uno dei fondatori dell’ateneo, Paolo Sylos Labini: "Ricordo quando mi scontrai in Calabria con Giacomo Mancini che nel Psi era una potenza e in Calabria un ras incontrastato. Pretendeva che la nuova università di Cosenza sorgesse in una zona che gli stava a cuore per certi interessi suoi o dei suoi amici. Andreatta (Beniamino, co-fondatore dell’Unical ed ex ministro della Dc, ndr) ed io lo contrastammo, in quanto membri del nuovo comitato che doveva organizzare la nuova università e riuscimmo a farla nascere in un altro luogo, molto più adatto al suo sviluppo. Mancini pretendeva pure che dovessimo dare un incarico d'insegnamento ad un suo protetto. Tutto ciò al prezzo di una denuncia e di un'incriminazione da parte di un giudice legato a Mancini che mi tenne sotto inchiesta per due anni, privandomi addirittura del passaporto. Poi quando scemò l'influenza di Mancini ebbero finalmente il coraggio di assolvermi”. Uno stralcio che testimonia quel filo tenue a cui è appesa la Calabria. A Cosenza gli interessi principali fanno capo ad un consociativismo apparentemente legale, ma che in realtà nascondono fitte trame di affari da promuovere sull’altare dello sviluppo. Silenzi alla luce del sole, appunto. Oggi l’Unical può essere comunque considerato un fiore all’occhiello della regione. Una grande struttura che ha dato a tantissimi studenti la possibilità di studiare con orgoglio nella propria terra d’origine. Ed è un fatto. Poi c’è il sottobosco. Con tutto il carico espansionistico dei “palazzinari” senza scrupoli, che attorno al campus di Arcavacata ci hanno costruito le loro fortune, tanto da non distinguere il confine Rende-Cosenza-Montalto Uffugo. Un unico grande paese divenuto in gergo “paesazzo”, o più semplicemente CosAngeles…
continua domani... (Da Arcavacata al "Metropolis, dal grattacielo al "Rossini" - Palazzinari e intrecci politici)