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PALMI (Rc) - Urla e svenimenti, pianti ed insulti. Ai giudici e al pm Alessandra Cerreti. Momenti di tensione nell’aula bunker del Tribunale di Palmi. Momenti concitati alla lettura della sentenza di primo grado nell’ambito del processo scaturito dall’operazione Califfo. Alla sbarra esponenti di primo piano, presunti capi e presunti gregari, della cosca dei Pesce di Rosarno.
Stangata. Il verdetto è risuona come una stangata. Complessivamente sono stati inflitti 150 anni di carcere con pene variabili tra i 2 e i 18. Quasi tutti condannati gli imputati. Ha quindi retto l’impianto accusatorio costruito dalla Dda di Reggio Calabria e basato anche sulle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, tra queste quelle di Giuseppina Pesce. 200 gli anni di carcere chiesti dal pm Alessandra Cerreti. 153 quelli realmente inflitti dai giudici del tribunale collegiale palmese. Per 14 dei 16 imputati si sono così aperte le porte del carcere. La condanna più pesante è stata comminata ad uno dei presunti capi della potente famiglia di Rosarno, Giuseppe Pesce, figlio del boss Antonino. 18 anni gli anni di reclusione decretati dai giudici in primo grado. Con lui rimarrà in carcere anche la moglie, Ileana Belloco, figlia del boss Umberto Bellocco. A lei sono stati inflitti 12 anni di detenzione.
Le accuse e il "pizzino". Il processo, che ha preso il via dopo le inchieste "Califfo" e "Califfo 2", vede imputati gli affiliati della cosca della 'ndrangheta dei Pesce che, con responsabilità e ruoli diversi, avrebbero favorito l'attività illecita e la latitanza degli esponenti di vertice della famiglia di Rosarno. Le indagini iniziarono dopo il sequestro del "pizzino" con il quale Francesco Pesce, pochi giorni dopo il suo arresto, avvenuto nell'agosto del 2011, aveva cercato di far arrivare all'esterno del carcere di Palmi le disposizioni utili per la prosecuzione delle attività della cosca.
Risarcimenti parti civili. Quasi tre anni dopo il primo capitolo di questo procedimento giudiziario si chiude con 14 condanne, 2 assoluzioni e 150mila euro di pene provvisionali che alcuni imputati dovranno versare alle parti civili: la Regione Calabria, il Comune di Rosarno e il Ministero dell’Interno.