Lo studio di fattibilità presentato dal professore Luigino Sergio ha innescato un vespaio di polemiche. Franz Caruso, sindaco di Cosenza, lo ha definito improvvisato, mentre da Rende le associazioni che mirano al mantenimento dell’autonomia comunale e provano ad animare il dibattito politico, azzerato dalla presenza dei commissari prefettizi, ne hanno bocciato i contenuti. Anche Orlandino Greco, primo cittadino di Castrolibero, si è portato sul fronte del no alla fusione. Nel frattempo, la presidente della I Commissione consiliare regionale, Luciana De Francesco, ha chiuso i lavori sulla proposta di legge per la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero.

L’ultimo atto è stato proprio la presentazione dello studio di fattibilità redatto da Sergio. Circa 500 pagine in cui evidenzia le prospettive a cui i cittadini andranno incontro una volta che l’iter sarà ultimato. L’approdo in aula è previsto a gennaio e non più entro la fine del 2023: il primo passo sarà indire il referendum consultivo ed opporsi ai ricorsi che, Cosenza in primis, gli oppositori sono intenzionati a presentare.

Professore Sergio, gli “indipendentisti” di Rende e il sindaco di Cosenza Caruso definiscono di parte e improvvisato il suo studio di fattibilità. Cosa risponde?
«Rispetto il pensiero altrui, non condividendone il contenuto, pertanto non posso che rispedire al mittente l’accusa di avere prodotto un lavoro di parte e improvvisato. Lo studio esamina dati e documenti rivenienti da fonti pubbliche, assunti nella loro obiettività anche se essi sono stati mediati da mie riflessioni e valutazioni, senza che questo significhi essere pervenuto al giudizio finale di fattibilità tecnica della fusione intercomunale in quanto sostenitore di una sola delle parti interessate. Del resto, qualcuno aveva polemicamente parlato di eterodirezione nella redazione dello studio di fattibilità quando questo era ancora nella sua stesura o muoveva appena i primi passi. Per quanto concerne l’accusa di improvvisazione nella redazione dello studio credo che basti leggere attentamente quanto prodotto in più di sette mesi di fatica, sia in termini strettamente giuridici, sia in termini di dati, tabelle, grafici che concorrono alla comprensione dell’istituto della fusione di comuni in generale e in particolare di quella tra Cosenza, Rende e Castrolibero».

Il primo cittadino di Castrolibero, Orlandino Greco, ha tuonato dicendo che i suoi concittadini non pagheranno i debiti di Cosenza. La domanda da un milione di dollari è: sarà davvero così? Il nuovo centro di governo partirà con un gap di 3-400 milioni ereditato da Palazzo dei Bruzi?
«Il nuovo centro di governo non partirà con i 3-400 milioni ereditati da Cosenza. All’atto del dissesto si crea una netta separazione tra la gestione debitoria in capo all’organismo straordinario di liquidazione e quella corrente. Cosenza ha approvato post dissesto un bilancio stabilmente riequilibrato dove non ci sono né i debiti e né i crediti degli anni pregressi. Al bilancio stabilmente riequilibrato va aggiunto solo l’onere del mutuo contratto per il pagamento dei debiti. Questi ultimi transati ed in corso di transazione a percentuali molto basse. Piano di riequilibrio, tra l’altro, soggetto al controllo semestrale da parte dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente, del Ministero dell'interno e della competente Sezione regionale della Corte dei conti».

E per gli altri comuni?
«Se Atene piange, Sparta non ride. Infatti, il comune di Rende ha registrato nel 2022 un disavanzo di circa 18 milioni di euro annui, una capacità di riscossione per crediti di propria competenza bassa, circa il 24% rispetto ai crediti accertati, mentre Castrolibero, nel conto della gestione 2022, ha evidenziato una parte disponibile di -3.055.941,80 euro, carente capacità di riscossione per crediti di propria competenza pari al 15.6%, situandosi al 347° posto tra i 389 comuni della regione, ma soprattutto ha registrato un fondo cassa pari a zero, a cui consegue un’anticipazione da parte della propria tesoreria pari a € 693 pro-capite, a fronte di € 392 pro-capite dei comuni aventi la medesima fascia demografica. In sintesi, alla luce dei dati analizzati, di certa natura oggettiva, tutti e tre i comuni nel 2024 dovranno reperire nei rispettivi bilanci l’importo complessivo di 3.507.812,00 euro (€ 2.388.593,00 Cosenza, € 862.716,00 Rende, € 432.573,00 Castrolibero), somme derivanti dalle quote annuali di disavanzo di ogni singolo comune oggetto di fusione».

Tra le 481 pagine del lavoro da lei effettuato, propone ad un certo punto i vantaggi e gli svantaggi che a suo avviso deriverebbero dalla fusione. Elenca le preoccupazioni che potrebbero sorgere in seno ad ogni cittadino ad alcune difficoltà più tecniche come quelle connesse alla dimensione del territorio e all’allineamento degli strumenti urbanistici. Ha pensato che la realtà dei fatti, oggi, presenta inefficienze enormi ad ogni livello, dovute a carenze strutturali e di personale, e che queste aumenterebbero a dismisura alle prese con le novità burocratiche e amministrative?
«Proprio per questo si sta tendando la strada della fusione di comuni, partendo dalla realtà dei fatti, cioè dai punti di debolezza che il nuovo comune ha il dovere di ridurre e di eliminare. Le carenze strutturali e quelle del personale dipendente non aumenterebbero con il nuovo comune istituito a seguito di fusione, ma verrebbero eliminate grazie alle economie di scala che un comune di 110 mila abitanti produrrebbe rispetto ai singoli tre comuni, grazie ai risparmi di spesa attinenti alla gestione di un unico ente, alla notevole diminuzione dei costi della politica, soprattutto in considerazione delle indennità previste per gli amministratori, le quali si ridurranno di 1.171.028,57 euro, stimando un risparmio gestionale complessivo quinquennale pari a 1.863.054,37, importo utilizzabile nell’erogazione di servizi a favore dei cittadini oppure nella riduzione dei tributi locali».

Il punto forte dello studio di fattibilità sembrano i trasporti e i rifiuti. Ci sarebbero ovviamente gestori unici, ma da quando? E i contratti in essere che fine farebbero?
«È del tutto evidente che l’istituzione del comune unico comporterebbe una rivisitazione del complesso sistema dei servizi, tra cui quelli inerenti ai trasporti e ai rifiuti. Per i trasporti si avrebbe la possibilità di avere una programmazione più ampia dei servizi e più attinente alla domanda di mobilità pubblica locale oltre ad un unico committente, evitando, di conseguenza, inutili sovrapposizioni e perdita di risorse pubbliche. Per i rifiuti vale lo stesso principio, nel senso che la situazione di partenza vede i costi per tonnellata e le percentuali di raccolta differenziata differenti da comune a comune, pur essendo enti territorialmente contigui. I gestori unici dei servizi potranno operare tenendo conto della tempistica che gli organi di indirizzo e di governo del nuovo ente vorranno stabilire. Il TUEL, infatti, prevede che tutti gli atti normativi, i piani, i regolamenti, gli strumenti urbanistici e i bilanci dei comuni oggetto della fusione, vigenti alla data di estinzione dei comuni restano in vigore, con riferimento agli ambiti territoriali e alla relativa popolazione dei comuni che li hanno approvati, fino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti atti del commissario o degli organi del nuovo comune».

Di fianco ai “no alla fusione” c’è chi preferirebbe l’unione dei comuni e dei servizi per preparare così il terreno. Perché per lei invece è meglio procedere direttamente alla creazione di un unico Municipio?
«Come precisa l’art. 32 del TUEL l’unione di comuni è l'ente locale costituito da due o più comuni, di norma contermini, finalizzato all'esercizio associato di funzioni e servizi. La gestione in modo associato delle funzioni fondamentali comunali poteva certamente essere un’altra via da perseguire. Mi domando però se la tanto acclamata unione di comuni sia stata invocata ioci causa ovvero per gioco, perché a nessun amministratore è stato impedito d’istituirla finora. Tutto questo per dire che l’istituzione dell’unione è di competenza comunale e non regionale e allo stato dei fatti è del tutto evidente la responsabilità degli amministratori comunali sulla materia associativa comunale».

Quando lei parla di autonomia finanziaria, emerge una chiara difformità tra Rende e Castrolibero, più o meno allineate, con Cosenza. Questo gap a cosa è dovuto e come può essere livellato al netto dell’evasione tributaria drammatica del capoluogo?
«L’autonomia finanziaria è un indicatore che misura fino a quale punto il comune considerato è in grado di fare fronte, autonomamente, alle proprie necessità, senza ricorrere ai trasferimenti dello Stato, della regione e altri enti pubblici, considerando la quota di entrate proprie sul totale delle entrate correnti del comune. Il livello di autonomia finanziaria non è affatto difforme tra i tre comuni. Infatti, il Comune di Cosenza ha un’autonomia finanziaria del 68,20%, quello di Rende del 69,8%, quello di Castrolibero del dell’86,49%, indicatori dunque maggiori di quello riscontrato in Italia (48,5%) e di quello registrato in Calabria (59,5%). I gap finanziari sono di altra natura, primo tra questi l’incapacità di riscossione dei propri crediti, con la conseguenza che una scarsa capacità di riscossione incide sull’effettiva disponibilità in termini di cassa delle entrate previste a preventivo per il finanziamento dei programmi di spesa dell’ente, rischiando di vulnerare gli equilibri finanziari dei comuni, come del resto evidenziato nel Piano di riequilibrio finanziario del Comune di Cosenza, nel quale vengono elencate alcune criticità rinvenibili nelle percentuali basse di
riscossione dei tributi e delle entrate patrimoniali, nella bassa velocità di riscossione dei tributi e delle entrate patrimoniali, nell’elevata consistenza di residui attivi».

Nel paragrafo sulla legalità, qualcuno se l’è presa quando parla di rigenerazione generale per scardinare vecchie logiche.
«Il paragrafo sulla legalità è riferito alle imprese ed è rubricato “Imprese più produttive se rispettano la legalità e regole”. Esso richiama un recentissimo lavoro di alcuni docenti di Scienza delle Finanze e di Econometria delle Università del Salento e della Calabria, con il quale si è dimostrato come le politiche imperniate sulla legalità sono strumenti utili al miglioramento dell’efficienza aziendale e alla riduzione delle disuguaglianze economiche regionali, esaminando gli effetti dell’adozione del cosiddetto rating di legalità».

Cosenza sta premendo per approvare un nuovo Psc. In ottica fusione sarebbero possibili delle varianti o configgerebbe con il nuovo Piano che sorgerebbe successivamente?
«Il PSC (Piano Strutturale Comunale) è lo strumento di pianificazione dell’intero territorio comunale che sostituisce il PRG (Piano Regolatore Comunale) e traduce in termini territoriali il progetto strategico di città, di definizione del ruolo della città e gli obiettivi e le azioni per conseguirli. Esso definisce le strategie per il governo dell'intero territorio comunale, in coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi urbanistici della regione e con gli strumenti di pianificazione provinciale. Nonostante si sia invocata la costituzione di un’unione di comuni si parla ancora e solo del nuovo PSC di Cosenza e non del Piano Strutturale in forma Associata, così come previsto dall’art. 20-bis della legge della Regione Calabria, n. 19/2002 laddove è normato che il Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.) è lo strumento urbanistico finalizzato ad accrescere l'integrazione fra Enti locali limitrofi con problematiche territoriali affini e a promuovere il coordinamento delle iniziative di pianificazione nelle conurbazioni in atto, con conseguente impegno integrato delle risorse finanziarie. Nessun conflitto, come già detto, sorgerebbe tra la programmazione in atto e quella del comune istituito con processo di fusione, perché rimarrebbero in piedi gli strumenti urbanistici vigenti fino alle nuove determinazioni degli organi del nuovo comune».

Per farla breve, in termini di qualità della vita, anche al netto delle poco edificanti classifiche stilate di recente a livello nazionale, come ne guadagnerebbe un cittadino ed entro che tempi?
«La recente classifica della qualità della vita 2023 a cura del Sole 24 Ore indica che la Provincia di Cosenza si colloca al posto 102 su 107 province del nostro Paese a seguito dell’esame di alcuni indicatori socioeconomici come ricchezza e consumi, affari e lavoro, giustizia e sicurezza, demografia e società, ambiente e servizi, cultura e tempo libero. Stante questo dato di partenza, che si riferisce alle province, si può ipotizzare che la fusione di comuni potrebbe permette l’erogazione di servizi più efficienti. Si consideri che attualmente, in base agli ultimi dati forniti da SOSE spa (Società per lo sviluppo economico interamente partecipata dal MEF e dalla Banca d’Italia), rispetto alla spesa standard e al livello dei servizi erogati sul totale delle funzioni comunali, due comuni su tre (Cosenza e Rende) sono classificati come «comuni non virtuosi», in quanto, globalmente erogano servizi inferiori allo standard registrando al contempo una spesa storica superiore allo stesso indice di base, mentre quello di Castrolibero si colloca tra quegli enti che hanno una spesa storica inferiore al fabbisogno standard ma erogano servizi inferiori allo stesso. Nessuno dei tre comuni oggetto d’esame si colloca, pertanto, tra gli enti locali virtuosi, vale a dire tra quelli che erogano servizi superiori allo standard e una spesa storica inferiore allo stesso indice. Pertanto, riguardo all’interrogativo sollevatomi, inerente al miglioramento della qualità della vita a seguito della fusione di comuni qui considerata, unitamente ai vantaggi dei quali beneficerebbe il singolo cittadino, la risposta non può che essere positiva, considerando le economie di scala, le economie di specializzazione, la riduzione dei costi medi di funzionamento, la riduzione dei costi della politica, l’efficientamento della macchina amministrativa, la migliore qualità dei servizi erogati, il conseguimento di contributi statali specifici per la fusione fino ad un massimo di 150milioni di euro in 15 anni, i risparmi sulle spese per il funzionamento delle attività di back- office; il tutto in tempi di breve e medio periodo, dipendente, certamente, dalla capacità dei nuovi organi d’indirizzo, di governo e di gestione del nuovo comune».