Denso di una partecipazione sincera, contorniato da sguardi rivolti all’altezza del cuore, il rito funebre che ha salutato il passaggio terreno di Silvio Aprile, tenutosi a Cetraro nella centralissima Chiesa Madre “San Benedetto Abate”, malgrado la tristezza del lutto, ha suscitato sentimenti di speranza, figli dell’indignazione e del coraggio di un uomo che fu il primo ad opporsi, facendo nomi e cognomi, al clan egemone in città e sulla costa del tirreno cosentino.

Titolare del Caffè Mulini a Cetraro, locale che per anni è stato punto di riferimento della movida sul tirreno cosentino, noto per i piatti della tradizione marinara e della pasticceria di alto livello, Aprile è stato il primo testimone di giustizia capace di opporsi all’egemonia della cosca Muto, contro la quale riuscì a spezzare il clima di connivenza e omertà in vigore da decenni.

«Di Silvio Aprile resta l’esempio - ha detto l’ex consigliere regionale ed ex sindaco cetrarese, Giuseppe Aieta - un esempio di imprenditoria illuminata, visionaria, perché ha dettato l’agenda in campo turistico. E poi è stato un uomo coraggioso, che ha difeso la sua attività, la sua libertà, la sua dignità e la città. Quindi oggi le persone che sono accorse qui in chiesa gli hanno reso il doveroso omaggio, perché è stato un brand per questa città. È stato l’etichetta “doc” della nostra città».

In silente processione, accodato al corteo funebre, anche il magistrato Vincenzo Luberto, sostituto procuratore generale di Reggio Calabria, ha ricordato l’importanza rivestita da Silvio Aprile nel contrasto alla criminalità organizzata. «Le dichiarazioni che ha confermato in aula - ha spiegato – che sono valse a determinare l’emersione di una serie di reati, i cui autori sono stati consegnati alla giustizia. Il suo è un segnale di speranza che contrasta con l’omertà, che impera in quanto lo Stato spesso non è stato pronto ad accogliere il grido di dolore di una comunità. Quindi la speranza è assolutamente concreta che il suo esempio possa essere seguito».

Dal pulpito, senza timore di chiamare col suo nome la piaga che ha incancrenito il tessuto connettivo del medio e alto tirreno cosentino, don Ennio Stamile ha pronunciato parole affettuose per l’uomo che è stato Silvio Aprile, ricordato per l’ironia che ne ha caratterizzato il tratto e per l’onestà e la lealtà con cui ha affrontato ogni accadimento della vita.

«Silvio ha seminato attraverso la sua capacità di indignarsi verso coloro che volevano  a tutti i costi, soffocare la sua visione imprenditoriale - ha detto il sacerdote della diocesi San Marco Argentano-Scalea -Ha seminato con il suo coraggio, perché è stato il primo a fare nomi e cognomi in un tribunale. Dunque questi semi rimangono, nonostante tutto, in una comunità come quella di Cetraro, ferita da una presenza ‘ndranghetista ormai da più di mezzo secolo. Questi semi, se innaffiati bene, porteranno sicuramente frutti. Noi siamo consapevoli di questo, perché vediamo le nuove generazioni essere attente su determinati argomenti, essere impegnati e volersi impegnare su determinati fronti. Per cui siamo speranzosi di questo».

Tra gli esponenti istituzionali giunti a rappresentare l’ultimo saluto a Silvio Aprile, anche il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, il comandante della Compagnia dei carabinieri di Paola, Marco Pedullà, il vicesindaco cetrarese Tommaso Cesareo e la consigliere regionale Sabrina Mannarino.