A San Ferdinando sale nuovamente la tensione dopo la constatata inefficacia degli interventi tampone presso “il canale dei veleni” dell’area portuale-industriale di Gioia Tauro e l’incertezza degli enti in cui sembra sprofondare la richiesta bonifica della condotta a mare.

 

Nella mattinata diverse decine di manifestanti si sono riuniti nell’area di cantiere, che sorge sull’arenile controllato dall’autorità portuale, esponendo nuovi striscioni e provocatoriamente – approfittando dell’assenza di vigilanza dopo la fine dei lavori di messa in sicurezza della foce – hanno rinforzato, a colpi di pala, la diga di sabbia che separa il lago di melma dal mare.

 

Nel pomeriggio, invece, una delegazione composta da una trentina di cittadini, fra cui i componenti del Comitato 7 Agosto” - che fin qui aveva organizzato in solitaria la lunga mobilitazione partita dopo la prima tracimazione in mare dei liquami tossici – si è presentata alla Stazione dei carabinieri protocollando una nuova e dettagliata denuncia. L’insoddisfazione verso le istituzioni, quindi, rimane altissima all’indomani della terza riunione del tavolo tecnico convocato a Catanzaro dalla Regione, al contrario dei primi due vertici che si erano tenuti, nelle fasi calde dell’emergenza, a San Ferdinando su iniziativa del Comune.

 

Proprio l’esito di questo vertice, che avrebbe comportato la conferma della prolungata paralisi fra Regione e Autorità portuale - circa la titolarità degli ingenti lavori che bisogna eseguire per una pulizia definitiva della parte inquinata di una condotta lunga 4 km – ha portato ad una radicalizzazione della protesta.

 

Vista l’impasse, con l’Autorità portuale che continua a riconoscere l’ex consorzio Asie quindi la Regione quale unico proprietario del canale delle acque piovane infestato di idrocarburi, e quindi unico soggetto che dovrebbe farsi carico della definitiva bonifica della rete, la situazione climatica di queste ore sta facendo inasprire gli animi.

 

La foce del canale, benché nei giorni scorsi prosciugata e ripulita, continua a raccogliere nuovi liquami probabilmente trattenuti a monte dell’intubata che attraversa l’area portuale, che si sono riavvicinati minacciosamente al mare le cui onde sono date in aumento di intensità nelle prossime ore.

 

Si teme, cioè, una terza tracimazione dopo quelle del 7 e del 24 agosto, non impedite dagli enti competenti che erano stati avvisati dopo una prima denuncia presentata ai carabinieri il 10 luglio. Un rimpallo di responsabilità che fin qui non ha scongiurato il disastro ambientale patito quest’estate, determinando ora i manifestanti a chiedere l’intervento del ministero dell’Ambiente e dell’Ispra, cosi come avvenuto in un caso analogo nel porto di Genova.

 

Agostino Pantano