Quella di una scuola di formazione antimafia era il sogno di Giovanni Falcone che aveva intuito l’importanza della cultura di contrasto alla criminalità organizzata, nei luoghi di lavoro, nell’economia sana dove maggiormente si infiltrano i mafiosi. La Uil Calabria oggi ha messo in piedi questo progetto inaugurando a Gizzeria l’Alta Scuola di formazione antimafia rivolta ai quadri e ai dirigenti sindacali. Un corso organizzato dalla Uil nazionale e dall’Associazione antimafia Noi.

Presenti il segretario generale Pierpaolo Bombardieri e, nella sua qualità di docente, la giornalista Federica Angeli dell’Associazione Noi, ma più nota al grande pubblico per le sue coraggiose inchieste sulla mafia romana, per le minacce ricevute. A lei, che oggi  vive purtroppo sotto scorta, è stato affidato il corso che, sostanzialmente, ripercorre la storia e l’evoluzione delle mafie italiane, dalla Sicilia alla ndrangheta calabrese alla camorra napoletana. E soprattutto il ruolo che storicamente ha avuto lo Stato dalla costituzione della prima commissione antimafia nel 62, ripercorrendo le guerre di mafia, la stagione delle stragi fino ai giorni nostri. Ma soprattutto ha come obiettivo quello di fornire gli strumenti per individuare la devianza mafiosa nei luoghi di lavoro. Soprattutto nel pubblico dove ruotano tanti interessi.

«Abbiamo scelto di partire dalla Calabria perché indubbiamente la ‘ndrangheta oggi è la mafia più potente al mondo e quindi venire qui, parlare di loro, fare nomi e cognomi è un buon trampolino di lancio. E poi l’importanza fondamentale è quella di riuscire a creare un argine. Perché loro conoscono benissimo noi, i meccanismi della nostra società civile, quelli sindacali, quelli giornalistici. Loro – dice Angeli - si sono serviti di figure come noi e quindi hanno ben imparato a conoscerci. Ma noi non conosciamo altrettanto bene loro. Quindi, ognuno nel suo ruolo deve fare qualcosa, attraverso una conoscenza approfondita che può sicuramente contrastarli meglio. Stiamo mettendo in campo, dopo tantissimi anni dalla morte di Falcone la sua idea che prende forma e ciò mi rende davvero orgogliosa». 

Bombardieri dal canto suo ha rivendicato l’impegno del sindacato nel contrasto alle mafie «non ci arrenderemo mai perché il silenzio è il nostro peggior nemico in questa battaglia e poi perché vogliamo offrire ai nostri quadri dirigenti gli strumenti per capire come muoversi all’interno delle realtà in cui operano. E lo facciamo insieme a Federica Angeli che ha fatto della lotta alla mafia la sua stessa ragione di vita».

 Anche la segretaria generale Uil Calabria, Mariaelena Senese ha sottolineato l’importanza di questa iniziativa: «Il corso è finalizzato a dare le competenze giuste e gli strumenti a tutto il nostro gruppo dirigente per riuscire ad individuare le dinamiche che si possono trovare nei luoghi di lavoro per gestirle al meglio anche quando si tratta di situazioni pericolose. Si parla per esempio di appalti pubblici e quindi di soldi pubblici e sappiamo bene quanto sono appetibili per la criminalità organizzata in generale. Quindi un obiettivo ambizioso quale quello di rendere più sani anche i luoghi di lavoro per una questione di dignità della persona e del lavoro».

Progetto ambizioso dunque questo della formazione, un tassello importante nel quadro più complesso della lotta alla mafia in cui comunque il ruolo di principale contrasto rimane nelle mani dello Stato. Su questo punto Federica Angeli è stata chiara: «Secondo me lo Stato non lotta a sufficienza. Gioca in posticipo. Interviene quando i fatti diventano eclatanti nella società civile. Quando veramente l’aria diventa insopportabile e i fatti di cronaca ne danno una connotazione allora lo Stato interviene. La repressione ovviamente fa parte del gioco ma secondo me ci vorrebbe invece un gioco in attacco da parte dello Stato. In questo Paese nessun colore politico ha saputo veramente farlo». E le morti di Falcone e Borsellino? Rimangono ombre gigantesche. Sollecitata dalla nostra domanda Angeli non ha dubbi «non solo non c’è ancora stata chiarezza su quelle stragi ma abbiamo preso contezza del fatto che senza l’appoggio dello Stato e senza una pare di cosiddetta società civile la mafia non avrebbe potuto premere quei pulsanti. Però nomi e cognomi del mondo si sopra per dirla con Carminati, purtroppo ancora non ci sono. Speriamo che un giorno possano emergere i nomi di questi personaggi, molti dei quali ormai morti, per avere finalmente e pianamente giustizia»