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Ammonta a 68 milioni di euro il danno erariale prodotto da indebita percezione dei contributi comunitari. Il dato è emerso nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei conti tenuta questa mattina a Catanzaro. La relazione del procuratore regionale Rossella Scerbo ha infatti lasciato intendere come il fenomeno corruttivo sia ancora pervasivo: «Le fattispecie di danno perseguite e per le quali sono in corso istruttorie interessano molteplici campi in cui si esplica l'attività della pubblica amministrazione; simmetricamente i responsabili del danno costituiscono una platea ampia: amministratori e dipendenti pubblici ma anche soggetti privati che a vario titolo si inseriscono nell'attività amministrativa».
Ma al di là della indebita percezione di fondi comunitari, l'attività dei giudici contabili ha disvelato lo svolgimento da parte dei dirigenti medici, dipendenti pubblici, di attività extramoenia non autorizzata, l'assunzione illegittima di personale, la percezione da parte di un farmacista di rimborsi non dovuti per medicinali in realtà non forniti agli assistiti, la gestione di fondi pubblici secondo criteri assolutamente estranei alle regole della contabilità pubblica come ad esempio l'investimento da parte di una società finanziaria regionale in fondi comuni ad alto rischio di disponibilità provenienti da fondi comunitari destinati al sostegno dell'iniziativa imprenditoriale.
Dubbi di ordine etico sono stati espressi, inoltre, dal procuratore regionale Rossella Scerbo, in ordine alla mancata restituzione da parte dei presidenti dei gruppi consiliari regionali degli importi corrispondenti alle spese sostenute a valere sui contributi ricevuti dalla Regione e dichiarate irregolari dalla sezione di controllo. Ebbene, la consigliera della Corte dei conti ha chiarito che: «La Regione Calabria ha legiferato in materia stabilendo che la restituzione avvenga mediante compensazione con le somme restituite perché non utilizzate dai gruppi negli anni precedenti. In altri termini, il debito della Regione è stato pagato con somme della Regione». Circostanza che ha indotto la Procura, incerta sulla legittimità costituzionale della norma, a chiedere alla sezione la remissione alla Corte costituzionale.
Luana Costa