Ci sono frasi che riconosciamo in modo ancestrale, che fanno parte del nostro Dna.

“Devi stare zitta e fare quello che ti dico io.
Te la sei cercata.
Lascia stare, sono cose da maschi.
Certo, se vai in giro così…
Alla fine non ti ho fatto così male.
È solo colpa tua.
È che ti amo troppo.”

Qualcuna di noi le sente ripetere spesso. Qualcun’altra ha più fortuna, le conosce solo perché sono il retaggio di una subcultura misogina che purtroppo continua a proliferare e a fare da humus della violenza contro le donne, in tutte le sue possibili sfaccettature.

Ma cosa possiamo fare noi, volti femminili di un gruppo di comunicazione e di informazione in cui c’è una vera parità di generi e di diritti, per andare oltre alla celebrazione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e fare qualcosa di concreto per tutte le donne, soprattutto quelle più sfortunate, e di conseguenza anche per la nostra società?

Ci abbiamo pensato a lungo. Ci pensiamo ogni giorno, in realtà. Non solo quando lavoriamo notizie terribili di stupri o di femminicidi, ma anche quando qualcuna che conosciamo ci racconta i soprusi patiti cercando di assolvere il partner per il “troppo amore”. L’amore non è mai troppo, ma può capitare di confonderlo con la paura. E la paura assorbe, annienta. Rende incapaci di reagire.

 

E allora, cosa possiamo fare noi tutte per aiutare le donne che non riescono a liberarsi del gioco della sottomissione? O che, peggio ancora, neppure riescono a rendersi conto di essere strumenti nelle mani di persone violente? Liberare la mente per liberare dalla violenza. Proteggere attraverso la consapevolezza, la presa d’atto. È nato così il nostro metterci la faccia, metterci tutte in prima fila e creare, insieme, frasi che vogliamo far diventare mantra armonici, che come un’onda possano aiutare ogni donna a capire la differenza tra amare e avere paura. Tra essere orizzonte di amore ed essere oggetto posseduto.

La nostra è una voce unica. Con tanti volti: i nostri. Quello di Stella, che ha dato vita all’idea e a cui ho prestato le parole. Quelli di Rosalba, Letizia, Ilaria, Jasmine, Sania, Serena, Mimma e Rosaria, che non vedete perché il loro è il lavoro più importante, dietro le quinte: questo lavoro permette che voi vediate le nostre giornaliste ed i nostri format. Ci sono poi i volti che conoscete. Quelli di Cristina, le due Francesche, Rossella, Manuela, Carmen, Antonella, Giusy e Patrizia nella redazione di Vibo. Quelli di Elisa, Gabriella, Teresa e Anna a Reggio e di Luana a Catanzaro. Quelli di Alessia, Francesca e Mariassunta a Cosenza. Quelli di Antonella, Marcella, Chiara, Giusy e Simona a Roma. E quelli di Maria Grazia, Sara, Federica, Paola, Piera, Barbara e Mariassunta nel nostro cuore di Vibo Marina.

Tanti volti per un’unica certezza: amare è un’altra cosa. Che nulla ha a che fare con la violenza. Ed eccolo, il nostro mantra.

“Non accontentarti di un uomo che ti offende o ti sminuisce.
Prendi le distanze dagli uomini aggressivi.
Non lasciarti convincere ancora, non perdonare la violenza, neppure quella verbale.
Devi avere paura, ma non degli uomini. Devi avere paura di accontentarti, di non poterti esprimere, di vivere una vita che non è la tua.
Sogna in grande, guarda il mondo da un’altra prospettiva. E denuncia chi confonde l’amore con il possesso e i soprusi.
Le persone violente non cambiano mai. Le ferite non sono segni d’amore”.

Lo spot con cui il nostro gruppo prende una posizione forte contro la violenza delle donne è un atto di amore. È il bisogno di aiutare chi ne ha bisogno, e forse ancora non ha compreso di aver bisogno di aiuto. la nostra speranza è che lo facciate vostro, lo facciate girare il più possibile, per renderlo virale ed aiutare a contaminare ogni angolo buio in cui ancora si rifugiano gli incapaci: gli angoli della violenza, come scriveva Asimov.

Il nostro messaggio – ma questo non è solo di noi donne: è di chiunque sappia cosa significa amare – è chiaro e senza possibilità di deroga: “Ama te stessa, non lasciarti cancellare da chi non sa amare”. Perché la nostra speranza è che non ci siano più 25 novembre, che non ci sia più bisogno di giornate di sensibilizzazione. La nostra speranza è un mondo senza violenza. A partire da quella sulle donne.