Procede a pieno ritmo l’Operazione cervo italico, che vede la Calabria tra i protagonisti attraverso la partecipazione del Parco naturale regionale delle Serre.

Per illustrare i passi avanti compiuti finora, si è svolta una conferenza stampa, moderata dal direttore del Parco Francesco Pititto, alla presenza del tenente colonnello Rocco Pelle, comandante del Reparto Carabinieri della Biodiversità di Mongiana, ed il commissario del Parco regionale delle Serre, Alfonso Grillo. In premessa, il direttore Pititto ha ribadito come la perdita di una specie debba essere percepita dalla comunità umana come un lutto e per evitarlo, ha aggiunto: «abbiamo il dovere di intervenire bloccando l'estinzione, perché la biodiversità è la linfa attraverso cui il nostro pianeta vive e si nutre. Dunque, è parte integrante dei nostri doveri difenderla e consegnarla alle future generazioni nelle medesime condizioni in cui c'è stata donata».

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Il programma per salvare il cervo italico

Una premessa per spiegare il motivo principale che ha spinto il Parco e la Regione Calabria a partecipare al programma nazionale per salvare il cervo italico.

I cervi italici, provenienti dal Bosco della Mesola – l’ultimo areale residuo della sottospecie autoctona della nostra penisola decimata, negli ultimi secoli, nel resto del territorio italiano – sono stati rilasciati da qualche tempo all’interno del Parco naturale regionale delle Serre, che aderito all’Operazione cervo italico, realizzata con il contributo di diversi partner (Ispra, Carabinieri Forestali della Riserva naturale Bosco della Mesola, che hanno garantito anche il trasporto nel sito di rilascio, Parco naturale regionale delle Serre, Università di Siena, Wwf Italia come coordinatore operativo l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Lazio e Toscana e la Dream Italia).

I cervi sono sottoposti ad un intenso monitoraggio mediante l’utilizzo di collari satellitari, che permettono la verifica degli spostamenti, dei tassi di sopravvivenza e di riproduzione, e delle eventuali cause di mortalità. La missione è quella di salvare dall’estinzione una sottospecie del tutto unica: tutti i cervi presenti nel resto della penisola sono, infatti, cervi europei introdotti in Italia a partire dal secondo dopoguerra e oggi in progressiva espansione.

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Dal Bosco della Mesola al Parco delle Serre

La Riserva ‘Bosco della Mesola’, in provincia di Ferrara, ha conservato fino ad oggi gli ultimi 300 esemplari di cervo italico che, in condizioni di isolamento genetico, hanno un futuro incerto per il rischio di consanguineità, di possibili modificazioni dell’habitat o eventuali epidemie. L’area del Parco delle Serre è stata identificata a seguito di uno studio di fattibilità condotto da Ispra in base alle caratteristiche ecologiche e l’assenza di nuclei di cervo europeo.

Il cervo italico, un tempo diffuso in buona parte della penisola, è stato via via decimato dalla trasformazione degli habitat e dalla caccia, fino a sopravvivere con pochi individui isolati nella foresta planiziale della Mesola, in passato riserva di caccia degli Estensi.

L’area del Parco delle Serre si è dimostrata propizia per questo tipo di attività perché è un compendio di ricchezza culturale, storica e antropologica che fa preziosa questa parte verde della Calabria, aspetti questi che inorgogliscono il commissario Alfonso Grillo, il quale ha sottolineato come questa spiegato oggi sia: «una pagina bella per tutta la Calabria».

«Il nostro Parco- ha proseguito Grillo – è stato scelto dall’Ispra, trovando il consenso degli altri partner del progetto, perché da punto di vista della biodiversità rappresenta un unicum sul territorio nazionale, idoneo a garantire la possibilità di reintegrazione di questa specie. Oltretutto, si tratta di far ritornare il cervo italico in un territorio che a cavallo del XVIII e XIX lo vedeva già presente in questi luoghi. Prima di estinguersi a causa di una pressione antropica troppo invadente».

Dal canto suo, il colonnello Pelle ha garantito che l’Operazione Cervo Italico andrà avanti senza problemi, visto il suo successo di queste prime fasi, ribadendo che compito dei Carabinieri Forestali «sarà sempre quello di tutelare l’animale contro il rischio di possibili azioni di bracconaggio, ma anche di controllo seguendo il monitoraggio costante degli animali già dotati di radiocollari che inviano continuamente dati utili dal punto di vista della ricerca scientifica».