I dati elaborati da Legambiente evidenziano un trend in crescita negli ultimi anni: bene per una specie considerata a rischio fino a qualche tempo fa, ma il fenomeno è dovuto anche all'innalzamento della temperatura del mare
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Secondo l’ultima rilevazione di Legambiente al 16 luglio, basata sull’elaborazione dei dati raccolti dal sito Tartapedia, in Italia ci sono 331 nidi censiti di tartarughe marine. Tra le regioni, la Sicilia è al primo posto con 107 nidi, seguita dalla Calabria in cui ne sono stati contati 79 e dalla Campania con 66. Il record assoluto fu registrato lo scorso anno, quando furono censiti 454 nidi. Ma a contare è soprattutto il trend, inequivocabilmente in crescita: si è passati infatti dai 20 nidi del 2013 agli 84 del 2020, fino ad arrivare al boom degli ultimi anni.
Un trend particolarmente incoraggiante per la biodiversità del Mar Mediterraneo e per il turismo ambientale, poiché la Caretta caretta è l'unica specie di tartaruga marina che nidifica nei nostri mari. Ma, a ben vedere, non si tratta esattamente di una buona notizia.
Se, infatti, l’aumento delle nidificazioni sulle nostre coste è il frutto «delle politiche di conservazione avviate negli anni ’90 nel Mediterraneo orientale, in particolare in Paesi come Grecia, Turchia e Israele», come spiega a Repubblica Sandra Hochscheid, ricercatrice al Turtle Point della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Portici, il dato è però legato all’innalzamento della temperatura del nostro mare.
Il Mediterraneo, in particolare – come riporta l’articolo a firma di Pasquale Raicaldo – si riscalda «del 20% in più rispetto alla media globale, con un aumento quantificabile in una cifra compresa tra 1 e 2 gradi negli ultimi 25 anni nelle sue acque più superficiali». Una situazione che favorisce l’insediamento di specie tropicali a scapito di quelle autoctone, che sono così costrette a cambiare le proprie abitudini. Tra queste, appunto, le tartarughe, che cominciano a migrare verso nord.
«Un numero sempre maggiore di femmine di Caretta caretta ha rinunciato a nidificare nelle spiagge in cui è nato, dove pure l’istinto le porterebbe, cercando luoghi in cui le temperature della sabbia, in particolare, sono più favorevoli allo sviluppo delle uova», spiega a Repubblica la ricercatrice. Spostandosi in regioni in cui qualche anno fa sarebbe stato impensabile trovarle, come Liguria e Molise.
Ma non solo, perché a questo è legato anche un altro dato. «L’incubazione è un processo delicato e sul sesso delle nasciture influisce la temperatura esterna: più la sabbia è calda, più è probabile che nascano femmine – prosegue –. Incubazioni in sabbia che misura mediamente tra i 30 e i 31 gradi, come accade per esempio in Campania, portano alla nascita di una percentuale sproporzionata di tartarughine femmine, fino al 70%».
Crescono dunque i nidi, ma il fenomeno va a scontrarsi con un altro problema da gestire: l’overtourism. Le spiagge sempre più affollate e i lidi creano infatti un ambiente difficile per queste creature, costrette a dribblare lettini e sdraio. Questo rende essenziale trovare un compromesso tra le attività turistiche e la salvaguardia delle tartarughe. Legambiente ha avviato, a questo proposito, il progetto Life “Turtlenest”, proprio con l’obiettivo di tutelare gli habitat di nidificazione e monitorare i nidi.
Perché se il trend in crescita è una notizia positiva a fronte di qualche anno fa, quando la Caretta caretta era considerata specie a rischio, occorre però mettere in campo un impegno collettivo, come sottolineato da Legambiente, per garantirne la conservazione: dalla creazione di aree protette a politiche di gestione del turismo più sostenibili, per garantire il futuro delle tartarughe nel Mediterraneo.