«La recente tragedia del Raganello, al di là di eventuali responsabilità, stimola alcune riflessioni sulle attività di mitigazione del rischio geo-idrologico e sulle procedure di allertamento previste dalla direttiva di Protezione civile, intitolata 'Sistema di Allertamento regionale per il rischio meteo idrogeologico ed idraulico in Calabria', approvata e adottata dalla Giunta regionale con deliberazione n. 535 del 15 novembre 2017». È quanto si afferma in una nota congiunta del presidente dell'Ordine regionale dei geologi, Alfonso Aliperta, del vicepresidente, Giulio Iovine, ricercatore Cnr-Irpi e di Francesco Arcangelo Violo, segretario del Consiglio Nazionale dei Geologi nella quale si indica, in base alle conoscenze specialistiche, la possibilità di ridefinire le zone di allertamento.


«In estrema sintesi - è detto nella nota - il sistema di allertamento prevede una fase di tipo previsionale, basata sui risultati di elaborazioni di modelli meteorologici e altri precursori d'evento. In tal modo, vengono stabiliti i livelli d'allertamento (verde, giallo, arancione, rosso) per ciascuna delle 8 'zone di allertamento' in cui è stata suddivisa la Calabria, e di conseguenza le 'fasi operative minime' (base, attenzione, pre-allarme, allarme) che devono essere attivate a livello comunale. Tali informazioni vengono comunicate quotidianamente dalla Protezione Civile regionale ai Comuni attraverso il cosiddetto Messaggio di Allertamento Unificato. In caso di evento in corso, sulla base dei dati di pioggia rilevati dalla rete del Centro Funzionale Arpa-Calabria e dei risultati di modellazioni idrologico-idrauliche, vengono inoltre individuati i comuni per i quali le piogge in corso risultano maggiori di pre-fissati valori di soglia. Per ciascun comune sono state, infatti, stabilite 3 diverse soglie (livello 1, 2, 3): in funzione della soglia superata, viene attivata una specifica Fase Operativa minima (attenzione, pre-allarme o allarme). Tali informazioni vengono comunicate ai singoli comuni interessati nell'ambito della fase di monitoraggio e sorveglianza, attraverso la cosiddetta Comunicazione di superamento soglie».


«In base alle informazioni ricevute - sostengono Aliperta, Iovine e Violo - i sindaci hanno dunque il compito di attivare la fase operativa più adeguata per affrontare le criticità geo-idrologiche previste o in corso. Ma si può considerare sufficiente l'invio, da parte della Protezione Civile regionale, di messaggi di allertamento unificato o di superamento soglie per zone così vaste? Le conoscenze specialistiche disponibili sulle caratteristiche del territorio regionale consentirebbero un'attenta ridefinizione delle zone di allertamento, tenendo nella dovuta considerazione le peculiarità geo-idrologiche in termini di fenomeni attesi e di possibili effetti al suolo. In tal modo si potrebbero ottenere una delimitazione di zone maggiormente omogenee e di minore estensione. Non disponiamo (ancora) di strumenti adeguati per prevedere simili eventi ma l'opzione del divieto assoluto è chiaramente una soluzione inadeguata per un problema complesso. In conclusione, sono disponibili strumenti di vario tipo, alcuni tecnologicamente avanzati, e sarebbe irresponsabile ignorarli: occorre piuttosto compiere al più presto tutti gli sforzi necessari per implementarli in un moderno sistema di mitigazione, e cercare di percorrere finalmente quell'ultimo miglio che ci separa da un traguardo di civiltà. Di questi argomenti si discuterà a breve, in occasione di un Convegno organizzato dall'Ordine dei Geologi della Calabria, con il patrocinio del Consiglio Nazionale del Geologi, con il coinvolgimento di Amministratori, Ordini delle professioni tecniche, Università, Centri di ricerca e Protezione Civile».