Dal Pollino alle Serre vibonesi, dalla Sila all’Aspromonte sono innumerevoli le località che permettono di andare in cerca di queste prelibatezze autunnali. Ma attenzione ai pericoli, le specie killer non mancano
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Selvaggi e incontaminati i boschi calabresi si propongono come una meta ideale per gli appassionati di trekking, di passeggiate e per chi ama dedicarsi alla raccolta di funghi. Queste differenti attività si possono svolgere in un contesto naturale che durante l’autunno si presenta ricco di forti contrasti cromatici e incredibilmente rigoglioso. Il Pollino, le Serre vibonesi, la Sila e l’Aspromonte regalano paesaggi lussureggianti, dove ci si può dedicare alla raccolta di funghi. Il clima temperato della stagione estiva e autunnale, la presenza di laghi e la pioggia creano la giusta umidità che favorisce la crescita spontanea di più di 3000 specie di funghi. Nelle aree dove le piogge hanno irrigato il terreno, la raccolta sarà più avvantaggiata e darà buoni risultati. È importante sapere che la raccolta fungina necessita di un'apposita autorizzazione valida per un anno.
I porcini del Parco del Pollino
Il Parco nazionale del Pollino offre ai suoi visitatori un ambiente particolarmente ricco nel suo sottobosco. Tantissime sono le specie micologiche presenti e nel bacino idrografico del Lao-Mercure (bacino fluviale al confine con la Basilicata) spicca un fungo prevale sugli altri, il porcino. È questo il motivo per cui l’area viene definita con l’appellativo “il regno del porcino”.
Il porcino è il “re dei funghi” ed è la specie più richiesta, cucinata e fotografata in tutto il mondo. Il nome scientifico è Boletus e ne esistono diverse varietà, tutte caratterizzate dal cappello carnoso e dal gambo massiccio, con profumo e sapore squisiti. Cresce in estate-autunno nei boschi luminosi di quercia, faggio e castagno, è caratterizzato da carne bianca con la superficie sotto al cappello di colore ocra-bruno, con odore e sapori inconfondibili. Nel Pollino è di specie comune e abbondante, ma bisogna prestare la massima attenzione, perché per la raccolta bisogna essere autorizzati.
Il Boletus aereus, conosciuto più comunemente come porcino nero, nasce nei boschi soleggiati di quercia e di castagno. Molto carnoso e sodo, di colore bruno nero, con il gambo grosso e tozzo di color beige scuro-nocciola, è molto apprezzato per il suo sapore inebriante e perché dotato di una carne molto compatta. Il Boletus pinicola, detto porcino dei pini, è caratterizzato dal cappello bruno nettamente sfumato di rosso. Sul Pollino si trova tra gli alberi di faggio. Il Boletus edulis è di color bruno e sembra coronato da una spolverata di cacao. È dotato di un gambo panciuto di colore chiaro con sfumature beige ed è il più classico dei porcini. Il Boletus aestivalis, detto porcino estivo, è simile a quello edulis, ma il cappello bruno ha colore uniforme. Uno dei caratteri morfologici che lo differenziano da altri porcini è il cappello che si screpola con grande facilità, anche a causa delle temperature elevate del periodo estivo nonché dell’esposizione prolungata al sole. Nasce nelle latifoglie in presenza di faggio, quercia e castagno.
I principali funghi della Sila
Tra i funghi commestibili più diffusi e ricercati nel Parco della Sila vi è il lattaio delizioso (Lactarius delicious), in gergo detto “rosito” molto diffuso nelle giovani pinete di laricio ma anche nelle abetine; il porcinello rosso, Leccinum aurantiacum, che vive in stretto rapporto simbiotico col pioppo tremulo e ha grossi corpi fruttiferi che cambiano di colore al taglio. Comunissimo nelle pinete è il Boleto tuleo, comunemente chiamato “vasuso” e cresce in gruppi abbastanza numerosi. Famose, nella zona, sono le mazze di tamburo (Macrolepiota procera), i galletti (Cantharellus cibarius), le spugnole dette “trippicedde” (Morchella rotunda) da consumare solo una volta cotte in quanto contengono acido elvellico che si disattiva solo con temperature superiori a 80°. Bisogna prestare attenzione a non confondere queste ultime con la falsa spugnola (Gyromitra esculenta) che nonostante il nome “esculenta” è dannosa all’organismo poiché contiene la giromitrina, sostanza che provoca danni irreversibili a reni e fegato e dunque la morte.
Ricercatissimo è l’ovulo buono (Amanita caesarea) mentre conosciute e raccolte solo da alcune comunità sono il prataiolo (Agaricus campestris), il chiodino o famigliola buona (Armillaria mellea), le colombine (rappresentanti della famiglia della Russola, che conta membri non commestibili) e il coprino chiomato o fungo dell’inchiostro (Coprinus comatus), che viene raccolto solo da giovane prima che le lamelle diventino nere e deliquescenti. Molto apprezzate dai conoscitori sono la lingua di bue (Fistulina epatica) e i polipori che gergalmente vengono chiamate “nasche” (Grifola frondosa), che vivono sui tronchi di conifere e latifoglie causando la carie bruna del legno e sono commestibili solo da giovani quando la carne è tenera, gustosa e non lignificata. Appariscenti sono i “funghi corallo”, appartenenti al genere ramaria e sono la dorata e la flava, tutte e due commestibili al contrario della pallida (Ramaria formosa) con tronco bianco e ramificazioni giallo grigiastre, perché tossica.
Le specie killer
Tante sono le specie fungine velenose, alcune mortali per l'elevata tossicità. Tra queste spicca l'Amanita phalloides, un fungo conosciuto come "angelo della morte" o "ovolo bastardo" che cresce nei boschi di latifoglie e nelle conifere ad abete rosso.
Ha un gambo bianco, con striature giallo limone molto chiare, una base bulbosa e un cappello emisferico, liscio, senza verruche e di colore grigio-giallastro. È un fungo subdolo perchè si mimetizza e riesce ad assumere molteplici sembianze. Per questa sua caratteristica, spiccatamente polimorfica, l’amanita falloide sembra simile ad altre specie di funghi, che appartengono a diversi generi. Anche dosi minime del suo veleno provocano la morte.
Un'altra specie da cui tenersi alla larga è l'Amanita muscaria.
Definito "fungo delle fiabe" o "fungo di Biancaneve" ha un cappello rosso acceso, che nei primi periodi di vita tende a essere emisferico per poi aprirsi con la maturazione pienod di verruche bianche, mentre l’orlo è liscio e striato e il gambo cilindrico e slanciato all’apice ma bulboso alla base.
Un fungo velenoso molto diffuso è l'Hypholoma fasciculare, che cresce in gruppo su tronchi di latifoglie e conifere dalla primavera all’inverno.
Spesso è scambiato con l’ Hypholoma capnoides, ma contrariamente al cugino buono, porta seri disturbi gastrointestinali. Il cappello di colore giallo ambrato tendente al verdastro arriva a massimo 7 cm di diametro e varia nella forma con il passare del tempo. Conico-campanulato all’inizio è convesso e aperto a piena maturazione. L’altezza del gambo oscilla fra i 4 e i 12 cm, e si presenta cilindrico, di colore giallognolo con sfumature tendenti al castano scuro alla base e più chiaro in prossimità delle lamelle.
Le Zone speciali di conservazione dell’Aspromonte
Da quest’estate andare a fughi in Aspromonte è ancora più facile in quanto sono stati riconosciuti 21 siti come nuove Zone speciali di conservazione (Zsc) da parte dell’Unione Europea. Un passo importante soprattutto per proteggere la biodiversità e la conservazione degli habitat, della flora e della fauna. Non sono state apportate delle modifiche al regolamento micologico, ciò consentirà a tutti gli appassionati di recarsi alla ricerca di funghi esattamente nelle stesse aree e con le identiche modalità della scorsa stagione.
I luoghi consigliati per andare a raccogliere funghi sono il Parco Nazionale d’Aspromonte e i monti di Gambarie, una comunità montana in provincia di Reggio Calabria.
I funghi delle Serre
Si stima che sull’altopiano delle Serre e sul Monte Poro siano presenti all’incirca 3.000 specie di funghi come nella Sila. Il mix sole mare clima temperato, la pioggia (la meno acida per eccellenza, rispetto a tutto il territorio Italiano, qui infatti il ph dell’acqua piovana è il migliore d’Italia) e infine la presenza dei laghi con la loro umidità e degli immensi boschi di pino, faggio, castagno e querce favoriscono la crescita dei funghi porcini, rositi, chiodini e galletti. Il ricercatore di professione, in gergo “fungaio”, è da sempre geloso difensore degli ambienti naturali in cui i funghi si prolificano ed è consapevole che anche i funghi indigesti e velenosi rivestono una funzione qualificata nella vegetazione, quella di conservare l’ambiente.
Vademecum per la raccolta dei funghi
Chi va a raccogliere i funghi utilizza solitamente un cestino di vimini, mai le buste di plastica. È buona norma pulire sul posto i funghi dal terriccio e depositarli nel cestino, con parte imeniale rivolta verso il basso per facilitare la caduta delle spore. Se durante la ricerca si trovano funghi sconosciuti o velenosi è preferibile lasciarli stare senza danneggiarli poiché sono utili all'equilibrio del bosco. Non bisogna asportate l'humus dal bosco per metterlo nei vasi dei fiori, poiché oltre all'enorme danno che si arreca all'ambiente si rischia di farli morire perché nell'humus risiede il micelio dei funghi saprofiti e di molti parassiti. È importantissimo far controllare sempre da un esperto tutti i funghi raccolti oppure frequentare qualche gruppo micologico o farli esaminare dagli esperti dell'Unità sanitaria locale. La prima regola del buon intenditore è non raccogliere mai i funghi che crescono vicino a strade molto trafficate dagli automezzi o vicino alle discariche, poiché i funghi assorbono le sostanze tossiche che non spariscono con la cottura.
Gli usi nella tradizione culinaria calabrese
I funghi calabresi possono essere consumati freschi, secchi e sott'olio. In Calabria si è soliti assaporarli con i sughi e ripieni, gli stessi possono accompagnare le carni bianche o rosse. Il porcino è tra i funghi più amati sulla tavola italiana e rientra nei piatti tipici della cucina calabrese. Le tante varietà di funghi, insieme ai formaggi tipici (il famoso Caciocavallo) e alle carni di maiale, agnello, capretto e cinghiale, sono alla base della cucina silana, dagli antipasti, ai primi e ai contorni. Imperdibile è il risotto ai porcini o la pasta mantecata con parmigiano e saltata in padella con una sorta di pesto di porcini. Sono usati anche altri funghi meno comuni quali le mazza di tamburo, le pinnelle, i vavusi o le monachelle e si sposano bene con le deliziose patate silane e i grandi formaggi dell’altopiano.
Ma accanto al porcino, lo scettro lo tiene il rosito che va gustato sulla pasta con pomodoro, peperoncino e ricotta affumicata o arrostito sulla brace con aglio e pancetta.