Se non è (ancora) muro contro muro, poco ci manca. Da una parte, la possibile trasformazione della Calabria in uno degli hub energetici dell’intero Paese – in compagnia di Sardegna, Sicilia e Puglia – inizia  a diventare concreta, con alcuni dei progetti di parchi eolici avanzati dai colossi delle rinnovabili in rampa di lancio per conquistare le caselle rimaste libere sul territorio regionale. Dall’altra, sempre più comitati spontanei a difesa dei boschi e dei mari calabresi si stanno rimboccando le maniche con ferme e pacifiche iniziative di protesta per bloccare i temuti cantieri. 

Una presa di posizione netta che ha preso piede in tutte le aree dove sono previsti i nuovi, giganteschi, parchi e che, forse come mai prima in passato, ha visto anche sindaci e amministratori schierarsi decisamente a difesa del territorio. Una protesta compatta che viaggia veloce dal Pollino allo Stretto e che, alle temute speculazioni delle multinazionali americane e nord europee innescate dal decreto energia del ministro Pichetto Fratin e facilitate dal “piano integrato energia e clima” approvato dalla Regione nel luglio dello scorso anno, dice si all’energia pulita e rilancia con la richiesta per le istituzioni delle “comunità energetiche” che, seppur contemplate nel documento rilasciato dalla Giunta regionale, non hanno trovato finora la sponda giusta.

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A rinverdire le polemiche legate ai nuovi parchi eolici in attesa di realizzazione è arrivata, storia di una manciata di giorni fa, il primo Sì ministeriale – ma i tempi del progetto sono ancora lunghi – per l’allestimento del gigantesco parco eolico galleggiante che “Acciona” vorrebbe costruire al largo della costa: l’ipotesi presentata dalla multinazionale spagnola prevede un parco galleggiante di 37 turbine per 555 MW di potenza stimata da collegare a terra con un cavidotto sottomarino fino a Scandale. Il nuovo parco dovrebbe sorgere proprio accanto ad un altro parco dalle medesime dimensioni, che la stessa Acciona vorrebbe realizzare poco più sud. 

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Anche in questo caso le turbine sarebbero 37 per una potenza di 555 MW e sarebbero collegate attraverso un cavidotto sottomarino di 51 km fino a Roccelletta, per poi collegarsi alla rete nazionale a Maida attraverso un nuovo cavidotto di 17 chilometri. Secondo il progetto, la costruzione delle gigantesche turbine è prevista nel porto di Augusta, in provincia di Siracusa. E ancora, i due progetti “Fortevento” che la “Ocean Winds” vorrebbe allestire sempre nel golfo di Squillace per un totale di 78 torri e più di 1000 MW di energia da collegare direttamente all’interno del porto di Crotone, il “Krimisa Floating Wind” (62 torri alte 286 metri da allestire al largo di Isola Capo Rizzuto) a cui si aggiunge un altro parco galleggiante (28 turbine alte più di 300 metri) da realizzare al largo di Corigliano-Rossano.

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«L’ipotesi di fare della nostra regione un hub energetico – scrive in una nota Gianmichele Bosco, presidente di quel consiglio comunale di Catanzaro che nei mesi scorsi aveva manifestato il suo convinto No all’opera  –  si è trasformata, in assenza di politiche serie a difesa degli interessi collettivi, in un saccheggio indiscriminato del territorio nell’interesse privato di pochi, che ora guardano anche allo sfruttamento della risorsa mare. Come al solito, chi sa fiutare il business è venuto qui, sapendo anche di poter trovare terreno favorevole per fare e disfare a suo piacimento, come è sempre accaduto in passato. Ma questo non è più accettabile ed è opportuno che si sappia».

Finora, i No di sindaci e amministratori hanno potuto ben poco (in sede di conferenza dei servizi il parere delle amministrazioni comunale non è comunque vincolante a causa delle semplificazioni amministrative dettate dal decreto che regola la transizione energetica) contro l’assalto dei colossi delle rinnovabili al territorio e al mare calabrese, ma la “grana” eolico è già esplosa e i comitati contrari alla costruzione delle gigantesche pale che già soffocano l’intero territorio regionale, promettono un autunno caldo.