«Con due distinte interrogazioni parlamentari, una del 28 novembre 2019, una del 25 giugno 2020, avevo lanciato l’allarme sulla facilità di iscrizione all’Albo gestori ambientali delle ditte in odore di ’ndrangheta, a causa di norme inadeguate che, anche grazie alla possibilità di intestazioni fittizie, allo stato consentono ad aziende infiltrate o sospette di operare tranquillamente nel settore dei rifiuti e di dominarne il mercato». Così in una nota il deputato del M5S Giuseppe d’Ippolito, che alla Camera siede in commissione Ambiente. «La recente operazione Mala Pigna, in cui è coinvolto l’imprenditore Rocco Delfino, che gli inquirenti ritengono esponente della cosca Piromalli, conferma la fondatezza e l’attualità spiazzante di quel mio Sos, rimasto inascoltato a livello ministeriale». 

«Le risultanze investigative dell’inchiesta Mala Pigna – prosegue il parlamentare del Movimento 5 Stelle – sono gravissime e fanno riflettere anche sull’ingiustificabile latitanza del resto della politica. Non può essere soltanto la magistratura a fermare l’alterazione del mercato relativo al sistema dei rifiuti. Con urgenza  - dice - servono norme precise e severe che impediscano traffici e arricchimenti illeciti a danno dell’ambiente, dell’agricoltura e della salute pubblica.

Forse, se fossi stato ascoltato si sarebbe potuto evitare il terribile disastro ambientale accertato nell’ambito nell’inchiesta Mala Pigna, ma le presunte complicità rilevate dai magistrati lasciano ipotizzare l’esistenza di fenomeni corruttivi di ben più ampia portata. Ritengo che commissione Ambiente – conclude D’Ippolito – della Camera dei Deputati debba affrontare al più presto questo problema e che il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, debba richiedere da subito un dossier completo ai dirigenti del suo ministero».