Salvaguardare le aree in cui cresce il raro e antichissimo esemplare di felce “Woodwardia Radicans”. È questo lo scopo del protocollo d’intesa firmato nei giorni scorsi dal Comune di Ricadi e dal locale circolo di Legambiente. Ma non solo. Tra gli obiettivi, non solo proteggere la biodiversità della fiumara Ruffa - nella cui valle cresce la rara felce - , ma anche realizzare un ecomuseo per farla conoscere a residenti, scolaresche e turisti. Si tratta solo dell'ultima delle iniziative messe in campo dall'associazione ambientalista per la tutela di quello che definisce «uno degli esseri viventi più antichi del nostro pianeta».

Cos'è la Woodwardia radicans 

Con le sue fronde che possono raggiungere la lunghezza di tre metri, la Woodwardia radicans cresce in poche zone al mondo: Spagna meridionale, Corsica, Macedonia del Nord, Grecia, in alcune piccole aree in prossimità delle coste del Mar Nero e infine nel sud Italia – nello specifico in Calabria, Campania e Sicilia. In Calabria è stata individuata in Aspromonte e a Polia, vicino al fiume Milo. Ma è nella valle Ruffa che la rara felce cresce più rigogliosa: più di 2200 gli esemplari censiti. Qui è sopravvissuta per milioni di anni grazie all’inaccessibilità dei luoghi e a un microclima particolarmente favorevole, caratterizzato da umidità elevata e temperature comprese tra i 10 e i 25 gradi abbinate a scarsa illuminazione diretta.

La Woodwardia radicans nella fiumara Ruffa

La sua presenza nella valle Ruffa - che si estende nel territorio compreso fra i comuni di Drapia, Spilinga e Ricadi - fu scoperta per la prima volta nel 1989, quando un turista tedesco ne notò alcune foglie secche portate da una piena estiva alla foce della fiumara. Da lì la segnalazione al botanico Fulvio Gioanetto, che si trovava in zona per ricerche per su incarico dell’Onu e che, dopo i sopralluoghi insieme ad altri esperti del luogo e soci di Legambiente, ha constatato la presenza della Woodwardia radicans lungo gli argini della fiumara. L’associazione ambientalista si interessa subito alla questione: «Abbiamo coinvolto la Provincia di Vibo – ricorda il presidente del circolo di Ricadi, Franco Saragò -, che ha dato vita al censimento delle piante insieme anche all’Università Mediterranea di Reggio Calabria. L’area è poi diventata Sito d’interesse comunitario (Sic) proprio per la presenza della felce. E intanto noi abbiamo continuato a monitorare la sua presenza».

I danni all'ambiente e l'impegno di Legambiente

Tuttavia nel corso degli anni l’area ha subito delle modificazioni, in negativo. «Innanzitutto il taglio indiscriminato di alberi che ha cambiato le particolari condizioni ambientali e climatiche indispensabili per la sopravvivenza della Woodwardia radicans. E poi incendiscarichi fognari e il proliferare di discariche abusive. Tutto questo ha portato in poco tempo a una drastica riduzione del numero di esemplari di felce», spiega Saragò. Circa tre anni fa una boccata d’ossigeno: Legambiente Ricadi ottiene un contributo dalla Regione, grazie al quale viene ripulito il letto della fiumara dai rifiuti ingombranti: plastica, ferro, elettrodomestici e persino delle carcasse di automobili. E ancora, per ripopolare l’area sono immessi poiane, barbagianni, gufi, allocchi – precedentemente recuperati feriti e curati dal Cras di Messina. Sempre grazie a quei fondi regionali è in corso di realizzazione un documentario che punta a valorizzare quel fazzoletto di terra tanto prezioso. 

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Il protocollo col Comune: nasce l'ecomuseo

Quest'anno poi, il protocollo con il Comune di Ricadi con il quale si punta non solo a una maggiore salvaguardia di tutta la valle Fiumara e della biodiversità che custodisce – con particolare riguardo alla Woodwardia radicans -, ma anche alla realizzazione di un ecomuseo per divulgarne storia e unicità. Il protocollo prevede che da parte del Comune ci sia il sostegno economico per l’apertura del nuovo sito, che andrà ad arricchire il Museo civico diffuso di Ricadi (MuRi).  L’ecomuseo nascerà nei locali della stazione ferroviaria di Santa Domenica, concessi da Rfi a Legambiente. E si pensa anche a percorsi ecosostenibili per raggiungere l'area Sic e ammirarne bellezza e natura selvaggia. «La fiumara Ruffa è un vero e proprio patrimonio e la presenza ancora oggi di questo raro e antichissimo esemplare di felce lo dimostra – afferma Franco Saragò -. Un tempo nella fiumara si muoveva l’economia del territorio, c’erano 13 mulini e in molti vivevano o lavoravano la terra a ridosso del corso d’acqua. Il tutto nel rispetto dell’ambiente, il che ha permesso la conservazione dell’ecosistema e dunque anche della felce. Ora la fiumara non viene più “sfruttata” per produrre ricchezza, quell'equilibrio è scomparso e negli ultimi anni abbiamo assistito a un vero maltrattamento dell'area. Ma noi – conclude – resteremo vigili sulla sua salvaguardia».