Fra i 239 richiami dei tecnici del Mase, c'è anche la scarsità dei dati disponibili su acque di superficie e di falda. I cantieri potrebbero incidere sulla mancanza di acqua che specie in estate attanaglia l'intera area reggina
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Mesi di assenza di piogge, falde sotterranee in affanno e acque superficiali in via d’estinzione: la siccità nel Reggino continua a mordere, colpendo duro cittadini e turisti (costretti un po’ ovunque a lunghi razionamenti giornalieri) e abbattendosi sul comparto agricolo, con campi e frutteti stremati dal caldo e dalla carenza di acqua. Una situazione drammatica cresciuta negli ultimi anni che, trainata dai cambiamenti climatici e da una rete di distribuzione colabrodo, ha modificato in peggio le abitudini degli abitanti della parte più meridionale della regione.
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E se le previsioni per il futuro non fanno pensare a un’inversione di tendenza, a peggiorare la quotidianità degli abitanti dello Stretto potrebbero mettersi anche i futuri cantieri per la costruzione del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia. Quello legato al consumo e al possibile impoverimento delle risorse idriche del territorio è infatti uno dei (tanti) problemi sollevati nell'aprile scorso dalla commissione “Via” del ministero dell’Ambiente, che esaminando “l’aggiornamento” della società Stretto di Messina al progetto (vecchio di 13 anni) ha messo nero su bianco tutti i “buchi” relativi alla gestione delle acque che verrebbero influenzate dai lavori che incombono su entrambe le sponde del mare.
Sono 49 i punti che la Commissione ministeriale che ha esaminato le carte della Stretto di Messina spa – aggiornate a tempo di record con la benedizione del ministro leghista Matteo Salvini – ha segnato come critici rispetto all’utilizzo della (poche) acque disponibili. Criticità legate alla scarsità di dati disponibili, alla carenza di studi predisposti ad hoc e, in diversi casi, al mancato aggiornamento di alcuni dei pochi dati disponibili, fermi al 2009, quando gli effetti della siccità non erano ancora così devastanti.
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Sono i cambiamenti climatici, e le loro repentine evoluzioni, ad essere sottolineati dai tecnici del Ministero nel primo dei rilievi proposti alla Stretto di Messina e relativi all’ambiente idrico. A partire dalla quantità di pioggia che interessa il territorio: «Le valutazioni del progetto definitivo – scrive la Commissione – devono essere integrate aggiornando le portate di progetto, mediante utilizzazione dei dati pluviometrici relativi al periodo 2009/2023 e utilizzando modelli previsionali che tengano debitamente conto degli effetti dei cambiamenti climatici».
L’assenza di uno studio approfondito sulla quantità di pioggia caduta però è solo la punta dell’iceberg. Spulciando i rilievi della commissione infatti viene fuori che il progetto definitivo – che potrebbe essere sostituito da una “progettazione a stralci” (inedita nel caso dei ponti) se la proposta del Governo approvata in Senato passasse anche alla Camera – manchi anche di una «valutazione quantitativa aggiornata degli impatti sulle acque superficiali attesi o previsti nelle fase di cantiere e di esercizio». E se gli studi propedeutici alla fase di cantiere sulla disponibilità in loco di acqua sembrano presentare numerose anomalie, nel progetto presentato dalla società di Ciucci manca anche un riferimento preciso a quanta acqua verrà utilizzata durante i lavori: «Si richiede di aggiornare e dettagliare – sottolineano ancora gli esperti della commissione del Mase – i quantitativi di risorsa idrica necessari per le attività previste nelle attività di cantiere per la realizzazione di tutti gli interventi progettuali, individuando in dettaglio le fonti di approvvigionamento utilizzabili».
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I problemi segnati in rosso dai tecnici del Ministero non si riferiscono però solo le acque superficiali. Molti dei cantieri previsti riguardano infatti le opere complementari al ponte stesso, a partire dal nugolo di gallerie e viadotti che dovrebbero veicolare il traffico automobilistico e ferroviario verso i piloni alti 400 metri a sostegno del ponte. In vista di questo imponente intervento sul versante calabrese dello Stretto, la commissione Via si interroga anche sul futuro delle acque sotterranee: «Si richiede di valutare alternative e dettagliare la metodologia di scavo che si intende adottare per la realizzazione delle gallerie stradali e ferroviarie, al fine di confrontare i possibili impatti in particolare con riferimento all’effetto drenante delle gallerie e ai possibili fenomeni di abbassamento della falda che necessitano di opportuna valutazione».
Una preoccupazione che si lega a doppio filo con i problemi di approvvigionamento d’acqua per uso civile e irriguo che i cittadini della provincia di Reggio vivono quotidianamente e che la Commissione sottolinea più volte «al fine di evitare possibili carenze di apporti idrici nell’area geografica considerata e in considerazione della tendenza alla riduzione degli apporti dovuta ai cambiamenti climatici».