Nel 2020, anno segnato dalla pandemia Covid-19, l’Ecomafia non conosce lockdown e pause, né risparmia l’ambiente. A fotografare la situazione è il nuovo rapporto Ecomafia 2021, realizzato da Legambiente con il sostegno di Cobat e Novamont e edito da Edizioni Ambiente, presentato oggi in conferenza stampa a Roma.

Il Rapporto analizza i dati frutto dell’intensa attività svolta da forze dell’ordine, Capitanerie di porto, magistratura, insieme al lavoro del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente nato dalla sinergia tra Ispra e Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

In Italia nel 2020 sono stati 34.867 i reati ambientali accertati (+0,6% rispetto al 2019), alla media di oltre 95 reati al giorno, 4 ogni ora. Aumentano le persone denunciate, le ordinanze di custodia cautelare eseguite, i sequestri effettuati, ma cala il numero complessivo dei controlli che, a causa della pandemia, ha subito una flessione del 17% rispetto al 2019. Preoccupante anche il numero dei comuni commissariati per ecomafia sino a oggi, ben 32, dei quali 11 sono stati sciolti nei primi nove mesi del 2021.

Rimane sempre alta l’incidenza dei reati ambientali accertati nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa quali Sicilia, Campania, Puglia e Calabria che incidono del 46,6% del totale nazionale. Nella classifica regionale, infatti, al primo posto per reati ambientali troviamo la Campania, seguita da Sicilia e poi dalla Puglia. Al quarto posto, però, quest’anno sale il Lazio con un incremento del 14,5% sul 2019, superando così la Calabria che invece si colloca al quinto posto della classifica nazionale con 2.826 reati.

Nel Rapporto, inoltre, emerge che la Calabria possiede il triste primato per le interdittive antimafia con ben 194 provvedimenti. Seguita da Campania (100), Sicilia (97) e Puglia (93).

Nel ciclo illegale del cemento la Calabria si colloca al 4°posto nella classifica delle regioni italiane con 1082 reati. Nella top20 delle province italiane, infatti, Cosenza è al 2° posto con 271 reati; Reggio si colloca al 5°posto; Crotone al 13° e Vibo al 14°posto.

Per quanto riguarda il ciclo illegale dei rifiuti, invece, la Calabria è all’8° posto con 456 reati. Nella top20 delle province italiane, Cosenza è all’8° posto, seguita da Reggio Calabria.

Dal 2002 ad oggi, tra le principali operazioni di polizia giudiziaria sull’art.452 quaterdecies del Codice Penale, sono state 39 le inchieste che hanno riguardato la Calabria di cui 25 dirette dalle procure calabresi e 14 dalle altre procure d’Italia in cui è coinvolta la Calabria. Dall’operazione “Econox” del 20 aprile del 2002 a “Mala pigna” del 19 ottobre 2021, 193 sono state le ordinanze di custodia cautelare emesse; 616 le persone denunciate, 74 le aziende coinvolte. Ben 4 le operazioni nel 2021: “Erebo Lacinio”; “Quarta Chiave”, “Efesto 2” e “Mala pigna”. 

La Calabria si colloca al 6°posto invece nella classifica dei casi di incendi ad impianti di trattamento smaltimento e recupero rifiuti che, dal 2013 ad oggi, in regione sono stati 88.

Nei reati contro la fauna, su terraferma e a mare, 5°posto per la Calabria con 527 reati. Reggio Calabria al 5°posto in Italia. Nella pesca illegale per km di costa, la Calabria è al 3° posto con 374 reati su 111,7 km di costa (3,3 reati per km di costa).

«La Calabria, tra i territori a tradizionale presenza mafiosa, – afferma Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria – continua a mantenersi sempre nei primi posti delle classifiche per il ciclo illegale del cemento e dei rifiuti, degli incendi e per i reati contro gli animali. Ad incoraggiarci è il ruolo della magistratura e di quei cittadini che hanno deciso da che parte stare. Tante le indagini che le procure calabresi stanno portando avanti con importanti risultati. Da parte nostra, continueremo a tenere alta l’attenzione attraverso la continua e pressante presenza nei territori con il prezioso contributo dei circoli locali, attraverso le nostre denunce e le diverse iniziative di sensibilizzazione. Siamo consapevoli però che tutto questo non può bastare se non verrà completato il quadro normativo sui reati ambientali soprattutto in vista dell’arrivo di ingenti somme di denaro, previste dal Pnrr, che invece di sollevare la Calabria dal profondo gap infrastrutturale, rischia invece di soddisfare gli “appetiti” delle organizzazioni criminali».

«Non abbassare la guardia contro i ladri di futuro»

«Non si deve assolutamente abbassare la guardia contro i ladri di futuro – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - a maggior ragione in un momento storico in cui dovremo spendere ingenti risorse pubbliche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Va scongiurato in ogni modo il rischio di infiltrazioni ecomafiose nei cantieri per la realizzazione di opere ferroviarie e portuali, impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e di riciclo dei rifiuti, depuratori, interventi di rigenerazione urbana, infrastrutture digitali, solo per fare qualche esempio delle opere che servono alla transizione ecologica del paese. Il lavoro di repressione ha avuto un’impennata grazie ai delitti contro l’ambiente, che siamo riusciti a far inserire nel Codice penale nel 2015, dopo 21 anni di lavoro incessante. Ora è fondamentale un deciso cambio di passo che porti a completare il sistema normativo inserendo i delitti ambientali e di incendio boschivo tra i reati per cui è possibile, vista la loro particolare gravità e complessità, prorogare i termini di improcedibilità previsti dalla riforma della giustizia, approvata dal Parlamento. Va aggiornato il Codice penale inserendo tra i delitti anche le agromafie, il traffico di opere d’arte e di reperti archeologici e il racket degli animali. È poi fondamentale – continua Ciafani - alzare il livello qualitativo dei controlli pubblici ambientali in tutta Italia, a partire dal Centro-Sud. Servono nuove risorse finalizzate all’aumento del personale per le valutazioni e le ispezioni e all’acquisto della strumentazione innovativa per effettuare i monitoraggi. Si deve procedere speditamente all’approvazione dei decreti attuativi della legge 132 del 2016, che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente».

«Completare quadro normativo»

«I dati del Rapporto Ecomafia – dichiara Enrico Fontana, responsabile osservatorio ambiente e legalità di Legambiente – confermano l’urgenza di completare il quadro normativo a tutela dello straordinario patrimonio ambientale e culturale del nostro paese, della salute dei cittadini e della buona economia e di rimediare quanto prima a due errori: quello commesso dal governo e dal Parlamento nell’approvazione della riforma del Codice penale, avvenuta a settembre del 2021, a causa della quale, nonostante i forti appelli lanciati a più riprese da Legambiente, Libera, WWF, Greenpeace e Focsiv, scatterà la tagliola dell’improcedibilità per i delitti contro l’ambiente, per i quali deve invece essere garantito tutto il tempo necessario per fare giustizia; l’interpretazione restrittiva da parte del ministero dell’Interno della norma che introduce il potere sostitutivo dei prefetti di fronte all’inadempienza dei comuni, che emettono ma non eseguono ordinanze di demolizione di immobili abusivi, la cui applicazione riguarderebbe solo le ordinanze di demolizione emesse dopo l’approvazione della legge 120/2020, il cosiddetto decreto Semplificazioni entrato in vigore il 15 settembre del 2020».