Si vedono indumenti e letti, ma anche rifiuti speciali e strumenti vari di una umanità che non c’è più. Nessun regista di film di fantascienza avrebbe potuto creare un set migliore di questo, volendo rappresentare un mondo invaso da plastica e ferraglia.
Qui, nell’estate del 2019, questi cumuli di macerie sembrano il paesaggio apocalittico di una fine del mondo ingolfata da quel che all’uomo non serve più.
Siamo tornati nell’area che ospita ancora oggi quel che rimane dell’ex baraccopoli dei migranti di San Ferdinando, a 4 mesi da quando il ministro Salvini disse, a proposito del ghetto sgomberato «sono orgoglioso di aver mantenuto la promessa, missione compita».


In realtà nulla è cambiato e le collinette di rifiuti, che fecero da set alla diretta social del vicepremier, sono ancora lì: oggi quasi sommerse dalle erbacce. Al comune di San Ferdinando non sono arrivati i fondi promessi per lo smaltimento, e così vi è il forte rischio che – passando altro tempo – questa “discarica di Stato” possa continuare a inquinare il terreno e l’aria. L’aria è ancora presidiata dalle forze dell’ordine giorno e notte, il sole picchia su questo corto circuito della propaganda salvianiana proprio nei giorni in cui proprio in Calabria si irrobustisce la contestazione al leader leghista, dopo il suo tour tra le spiagge di Soverato e Isola Capo Rizzuto.  

 

LEGGI ANCHE: