VIDEO | Da anni ormai manca la manutenzione mentre i greti dei corsi d'acqua sono stracolmi di detriti. E intanto la Cgil attacca Oliverio che «ha accentrato i poteri sull'azione anti dissesto senza risolvere alcun problema»
Tutti gli articoli di Ambiente
PHOTO
Una terra in bilico tra il dissesto idrogeologico e regole contraddittorie che vietano di “svuotare” i torrenti da detriti e materiale di posa. È così che la Sibaritide e particolarmente le aree a ridosso dei promontori della Sila Greca e del Pollino, vivono una condizione di precarietà costante. È come vivere su un tappeto di cristallo pronto a venir giù al primo soffio di vento o al primo scroscio di pioggia.
L’alluvione di Corigliano-Rossano del 2015 ne è stata l’ultima ed eclatante testimonianza. Quando proprio la mancanza di manutenzione dei torrenti, la pesante mano dell’uomo che ha deviato i corsi d’acqua, mista all’evento eccezionale che fu il nubifragio (276 millimetri di pioggia in pochissime) hanno generato allagamenti ed esondazioni.
Quell’evento, apocalittico per Corigliano-Rossano, sembra non aver insegnato proprio nulla. Sulla carta sono stati effettuati numerosi investimenti ma nella realtà i cittadini che hanno subito danni sono ancora in attesa di un risarcimento (nonostante siano stati costretti, ad oggi, ad avanzare ben quattro volte la domanda di risarcimento) e molte azioni di bonifica e di ripristino non sono mai state effettuate.
Il Gennarito, il rischio esondazione e quei lavori mai ultimati
Uno dei casi eclatanti di un sistema di prevenzione regionale che fa acqua da tutte le parti è quello del torrente Gennarito nel territorio urbano di Corigliano. Il corso d’acqua, esondato proprio durante l’alluvione del 12 agosto 2015, provocando danni ad abitazioni e terreni circostanti, è stato oggetto di un finanziamento regionale (poco più di un milione di euro) gestito da Calabria Verde e destinato proprio alla rimozione dei detriti in surplus sul letto del fiume e al ripristino del greto. Qualche mese di lavoro e poi il blocco delle attività. E questo perché i detriti asportati dal Gennarito ed utilizzati per rinforzare gli argini del Cino (un altro grande torrente del territorio) «sarebbero risultati inquinati – da quanto riferisce Giuseppe De Lorenzo, segretario comprensoriale di Fillea-Cgil - e quindi non utilizzabili». Insomma tutto fermo con l’alveo del torrente che ormai ha raggiunto la massima quota degli argini. «Speriamo che non arrivi altra acqua dal cielo – aggiunge il sindacalista – altrimenti qui ci ritroveremmo di nuovo a dover fare i conti con una situazione di grandissima emergenza».
Nella Sibaritide case e giardini nei fiumi, tutti regolarmente censiti
A questa situazione, di per sé grave, si aggiunge l’illegalità diffusa che si registra nei fiumi e nei torrenti dove per anni hanno edificato case e insediato agrumeti, molto spesso con il consenso degli organi di controllo. Basti vedere quello che c’è all’interno degli argini del Crati: interi giardini, regolarmente censiti ma totalmente abusivi che con il tempo hanno stravolto il corso delle acque, trasformando i fiumi, in alcuni tratti, in veri e propri tagadà che sballottano le correnti a destra e a manca. E poi per questo cedono gli argini ed intere contrade come Thurio o parchi archeologici come quello di Sibari, si trovano d’un tratto sommersi dall’acqua e dal fango.
Tutto questo mentre in Regione regna il caos
A sollevare l’asticella della polemica è un altro sindacalista della Cgil, Claudio Sposato, responsabile della Camera del Lavoro di Corigliano-Rossano. «In Calabria – dice Sposato – abbiamo un presidente della Regione che è Commissario per il dissesto idrogeologico e assessore all’agricoltura. Tutti questi poteri accentrati in un’unica persona avrebbero potuto dire due cose: o massima efficienza o caos totale». E sarebbe venuta fuori la seconda. «Sul Gennarito c’è tutta la sintesi dell’inefficienza del Governo Regionale. Qui ci sono lavori che si sarebbero dovuti ultimare in sei mesi e, invece, a distanza di anni non è stata realizzata l’opera di bonifica necessaria per mettere in sicurezza il torrente e le aree limitrofe. I responsabili del dissesto idrogeologico – precisa Sposato – sono coloro che dovrebbero garantire gli interventi e non lo fanno. La Regione ha uomini, mezzi e strutture per intervenire eppure siamo ancora fermi e ci ritroviamo con i fiumi stracolmi di detriti pronti ad esplodere».