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Nei giorni scorsi si è appreso dalla stampa che la Regione Calabria si stia attivando per rimuovere i sigilli della discarica “la Zingara” di Melicuccà. Legambiente Calabria confida che questa decisione prenda le mosse dalla volontà della Regione di procedere alla bonifica dell'area per mettere la parola fine ad una discarica che non possiede i requisiti tecnici reali di collaudo e i pareri ambientali favorevoli e su cui si indaga per inquinamento delle falde acquifere e del terreno circostante.
“Dalla lettura delle linee guida però, non ci pare sia proprio così – dichiara Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria – atteso che nello scenario prospettato dalla Regione sia previsto l’utilizzo della discarica per 200.000 mc. A questa ipotesi ci opporremo con tutte le nostre forze insieme al territorio aspromontano”.
L’Associazione attende, invece, che la Regione avvii, finalmente, la bonifica della vecchia discarica e che sulla nuova - già a suo tempo sequestrata grazie anche alle battaglie ed alle denunce del Circolo locale del Cigno Verde – venga intrapreso un piano di caratterizzazione per procedere alla sua bonifica, riportando lo stato dei luoghi a prima che la Veolia distruggesse l'agricoltura del sito. Non si perda altro tempo e si proceda immediatamente. Rimuovere i sigilli per altre finalità o peggio per una sua riattivazione, è una scelta sbagliata e devastante per le ricadute ambientali sul territorio e sull’inquinamento delle falde acquifere.
“Vogliamo ricordare – dichiara Domenico Rositano, presidente del circolo Legambiente di S. Eufemia - che su quell’area sono necessari urgenti bonifiche e non la realizzazione selvaggia di altre strutture inquinanti. Le bonifiche non sono mai partite da parte degli enti preposti. La politica deve avere rispetto per l’ambiente, per il territorio, per la sicurezza e l’incolumità pubblica”.
Nel pomeriggio di ieri, il Circolo ha effettuato un sopralluogo sul sito. Sono emersi presunti illeciti ambientali in merito allo smaltimento del percolato, ma Legambiente chiede che, chi di competenza, verifichi la fondatezza di questa denuncia pubblica.
In passato, sull’ubicazione del sito è stata compiuta una scelta insana e foriera di disastri. Chi ha richiesto una simile realizzazione, ha mancato di responsabilità nei confronti del territorio e della popolazione, a dispetto delle regole e delle leggi. Si è sperperato solamente denaro pubblico per partorire un ecomostro dannoso per il territorio.
Sulla vicenda, Legambiente Calabria si batte da anni. L’associazione ha presentato tre esposti alle Procure regionali sulla criticità della costruzione e sui danni provocati da quelle discariche.
In passato l’Amministrazione comunale di Melicuccà creò una discarica consortile dove mise, in primo piano, non certo la tutela ambientale, ma i ricavi economici che avrebbe avuto. Ha fatto conferire tonnellate di spazzatura in una buca. Portata a saturazione, la buca è stata coperta con della terra dove, poi, sono stati collocati pannelli fotovoltaici. L’unica cosa da fare era, invece, bonificare l’area e portare via quel percolato sottostante che, negli anni, ha contaminato le falde acquifere, rilasciando metalli pesanti e benzene.
Dopo la prima realizzazione, sempre sul quell’area, un altro business e malaffare: il Comune concesse alla Rossato S.p.a. la gestione di un area attigua trasformandola in deposito di stoccaggio di materiale pericoloso. Ancora una volta, sono stati creati innumerevoli danni ambientali. Sono state incendiate 30 mila traverse di binari ferroviari impregnati di “creosoto”- una sostanza chimica dichiarata cancerogena dallo Iarc di Lione – che bruciò per sette giorni creando una nube tossica e che, con le sue ceneri, provocò danni irreparabili sui terreni e sulle piante, stratificandosi nell’area fino ad arrivare sulla Piana di Gioia Tauro. Scattarono poi gli arresti da parte dei Ros dei Carabinieri e l’area fu chiusa e mai bonificata.
Successivamente il Comune rese possibile la creazione di un’ulteriore discarica su quell’area, collocandola su una falda acquifera che confluiva nel famoso acquedotto di Vina, che fornisce 5 comuni e 50 mila abitanti, sotto un elettrodotto di 380 V. La costruzione non rispetta la distanza di legge sotto le linee elettriche, creando forti campi elettromagnetici dannosi per la salute.
L’ubicazione della discarica è altresì al limite di una zona a protezione speciale, denominata “Costa Viola” e sorge a 400 metri dalle abitazioni.
Sulla discarica è già stato fatto un piano di caratterizzazione ordinato dalla Procura di Catanzaro. Il CTU nominato ha consegnato perizia giurata al Procuratore, congiuntamente al N.O.E. dei Carabinieri. È stata tracciata un’attenta analisi, nella quale si afferma che la discarica non ha i requisiti necessari poiché l’acqua nei terreni sottostanti ai vari pozzi che servono da fonte idrica sparsi nelle vicinanze, presentano un inquinamento dovuto a metalli pesanti e benzene con valori superiori alla norma. Che si proceda, allora, alla definitiva chiusura e bonifica dell'area.